Gallarate, un ulivo per Giovanni Palatucci. Il questore: «Un eroe dei nostri tempi»

Gallarate ulivo Giovanni Palatucci

GALLARATE – Si è svolta oggi, 7 febbraio, a Gallarate la commemorazione dell’ex questore di Fiume, Giovanni Palatucci, medaglia d’Oro al Merito Civile, riconosciuto “Giusto tra le Nazioni”, per aver salvato dal genocidio migliaia di ebrei. «Un eroe dei nostri tempi che senza superpoteri ha combattuto contro qualcosa molto più grande di lui», lo ha definito il questore di Varese Michele Morelli. 

L’ulivo della memoria 

La cerimonia si è svolta al parco di viale Milano, proprio di fronte al Commissariato di Gallarate. Il questore di Varese Michele Morelli ha scoperto una targa commemorativa in ricordo di Palatucci posata davanti a un ulivo piantumato. Erano presenti, tra gli altri, il prefetto Salvatore Pasquariello, il sindaco Andrea Cassani e il presidente del consiglio comunale Giuseppe De Bernardi Martignoni, il sostituto procuratore Ciro Caramore, il dirigente della Polizia di Stato di Gallarate Luigi Marsico, i vertici cittadini di carabinieri, polizia locale e guardia di finanza.

L’eroismo di Palatucci 

Di seguito il ricordo di Amos Luzzato letto dal questore: 

Nel nostro immaginario, l’eroismo ci appare come un gesto intenso, dimostrativo, che contrappone l’eroe a qualcuno o qualcosa molto più forte di lui: ad esempio, nella Bibbia troviamo la figura di Davide contro Golia. 
Tuttavia, nella coscienza del popolo ebraico esiste un’altra forma di eroismo ed è quella che vede il più debole affrontare per lungo tempo, ogni giorno, colui che è più forte e che non lascia scampo; ma contro cui va opposta, fino al limite estremo, una resistenza tenace, silenziosa e continua, senza gesti da immortalare ma sempre presente nel tempo. Questo è stato l’eroismo di migliaia di ignoti, nella storia. Questo è stato anche l’eroismo di Giovanni Palatucci. Non un eroismo sul campo di battaglia, ma l’eroismo di chi sa bene sia il pericolo che sta correndo sia il fine ultimo, che è il salvataggio di tante vittime innocenti e il riscatto dell’onore morale della propria divisa e della propria bandiera. E’ l’eroismo di colui che, nell’apparente grigiore di un ufficio, manovra come armi timbri e documenti, ben sapendo che tutto questo sarà adoperato contro di lui da un nemico tanto più forte, che cercherà di farlo scomparire nel buio o con l’infamante accusa di tradimento. Infatti, avrebbe potuto salvarsi, Palatucci, e, invece, a testa alta e senza mai tentennare, scelse la strada che fece terminare la sua corsa nel campo di concentramento di Dachau a 36 anni, un’età nella quale si fanno progetti per costruire il proprio avvenire. Il suo ricordo è stato, per fortuna, affidato alla memoria di coloro che si sono salvati ed Israele lo ha riconosciuto, a giusta ragione, come uno dei “giusti delle nazioni”. Riposi in pace questo vero eroe, questo nostro fratello che, con il suo sacrificio disinteressato e nobile, al pari di altri, ci indica la strada per sperare ancora nell’uomo. 

Chi era Giovanni Palatucci 

Un poliziotto, un commissario, ma soprattutto un uomo. E’ Giovanni Palatucci l’ultimo questore di Fiume, morto a 36 anni per mantenere fede ai suoi ideali. L’emanazione delle leggi razziali antisemitiche lo vide decisamente schierato in favore dei cittadini ebrei, ma anche di utti coloro che, in fuga da altre nazioni occupate dalle armi  tedesche, transitavano per il confine istriano. 
Nel marzo 1939 sottrasse alla cattura della Gestapo 800 ebrei tedeschi, in fuga dalla Germania nazista a bordo di un vapore greco. 

Il suo incarico di direttore dell’ufficio stranieri gli permise di trovare vari stratagemmi per mandare i perseguitati all’estero, verso i Paesi liberi o nel campo di raccolta di Campagna (Salerno), dove era  vescovo suo zio Monsignor Giuseppe Maria Palatucci. La sua opera di salvataggio si intensificò all’indomani dell’8 settembre 1943, quando Fiume, assieme alla Venezia Giulia ed all’intera area istriana, venne annessa al Terzo Reich mediante una violenta occupazione militare. Nel febbraio del 1944 Palatucci divenne questore reggente di Fiume e garante istituzionale dell’Italia in quella zona. La “sua” questura, con i suoi trecento uomini disarmati, divenne un riferimento di umanità e di salvezza per tutti i cittadini, senza distinzione alcuna, e in particolare per i perseguitati ebrei.

Palatucci distrusse tutto il materiale documentario riguardante gli ebrei e giacente presso i vari uffici della questura. Ingiunse all’Ufficio anagrafico del Comune di Fiume di non rilasciare alcun documento  riguardante cittadini ebrei senza aver informato  della cosa le autorità Repubblicane. Rifiutò fino all’ultimo di mettersi in salvo anche quando, nonostante ripetuti inviti del Console svizzero a Trieste si  separò – mettendola al sicuro – dalla donna che avrebbe voluto sposare, una ebrea slava.  Oltre 5mila furono gli ebrei e i perseguitati antifascisti salvati in quei sei anni. 

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