Giorgia, la migrante

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di Massimo Lodi

C’è un risvolto subdolo per la Meloni, dietro il no d’Ungheria e Polonia al patto sui migranti. Vien messo a rischio il suo progetto di rivoluzione politica nell’Ue, ovvero lo sfarinamento della storica intesa tra Popolari e Socialisti, sostituendo i secondi con i Conservatori, da lei presieduti. Ma se i Conservatori, o quelli potenzialmente tali, si spezzano su questioni determinanti, com’è pensabile che marcino a falangi unite alle elezioni del 2024, sperando di vincere così tanto da persuadere il Ppe al matrimonio d’interesse?

Dire, come ha detto la premier, che ogni sovranismo le risulta gradito perché figlio di patriottiche/semprevalide ragioni, è dire nulla. Ungheria e Polonia si fanno gli affari loro, e sembrano intenzionate a continuare a farseli mettendo una zeppa nel piano strategico-ambizioso italiano. A dar man forte alla fronda esterna, rispunta l’alleato interno della Meloni, sodale e concorrente al tempo stesso: Salvini ci mette il carico sul no al Mes, e anziché mostrare realismo nel solco di Giorgetti Tremonti Tajani, estremizza l’avversione allo strumento di salvaguardia finanziaria. Rendendo più difficoltose le difficoltà di Chigi. 

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Massimo Lodi

Perciò, dati i singulti del Consiglio d’Europa e i machiavellismi leghisti, la vera migrante appare Giorgia. Che naviga nel mare aperto dell’incertezza, deve badare a scogli prevedibili e imprevisti, fida su un equipaggio non proprio e non tutto dedito a remare con forza nella medesima direzione. Per condurre in porto l’idea di ribaltone a Bruxelles (Commissione Ue di marchio inedito) dopo il verdetto di Strasburgo (Parlamento Ue orientato al centrodestra, e meglio se al destracentro), deve effettuare un capolavoro politico. Consiste: 1) nel dividere Morawiecki/Polonia da Orban/Ungheria, alla fine costringendo l’escluso ad autoincludersi; 2) nel separare Salvini/radicalshock da Giorgetti/liberalmoderato, spingendo il Carroccio a seguire la convenienza del blocco sociale di riferimento, il laborioso spirito nordista.

In cambio, conquistando la partita elettorale, saranno disponibili importanti scranni di potere nell’ esecutivo europeo. Per Giorgetti, ad esempio, quello oggi occupato da Gentiloni all’Economia. Un ruolo che garantirebbe gl’interessi nostri secondo la dottrina Draghi di cui entrambi, Meloni e il suo ministro del Mef, sono cultori. A proposito: si dice, ma è certamente smentibile, che Marione offrirebbe scudo protettivo/garante all’intera operazione. Un sogno, per la presidente del Consiglio, cui ben aggraderebbe d’essere la vera migrante in una diversa chiave, positiva invece che negativa: da Underdog a Overdragh.

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