Il Pd tutto a sinistra rafforza il Governo

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Elly Schlein e Maurizio Landini

di Andrea Buffoni

La prima fase della Segreteria di Elly Schlein, a dire il vero opportunistica e strumentale ai fini di attaccare  e delegittimare il Governo Meloni, si è concentrata sulla polemica esasperazione dell’antifascismo e della difesa della Costituzione in occasione dell’Anniversario del 25 Aprile, culminata con l’omaggio alla memoria di Giacomo Matteotti, omettendo di ricordarlo oltre che come strenuo e coraggioso avversario, vittima e martire del fascismo, come leader socialista riformista e Turatiano, certamente avverso ai comunisti e al comunismo che determinò la sua solitudine politica voluta dai compagni del PCI. Togliatti arrivò ad associarlo tra “i nemici del comunismo con Mussolini e Sturzo” e considerato sdegnosamente come Filippo Turati “un social-traditore” e definito da  Gramsci “il pellegrino del nulla”.

Passata la sbornia dei proclami e delle celebrazioni retoriche Elly Schlein ha disvelato la sua precisa scelta politica, peraltro legittima, coerente e innovativa e ha spostato il PD a sinistra in un’area lontana dai valori socialdemocratici del socialismo europeo e dai cattolici riformisti in gran parte ancora presenti nell’area tra i sostenitori di Bonaccini con il rischio di ulteriori addii se il disagio aumenterà e verrà ignorato soprattutto a livello dei Gruppi parlamentari quando si parlerà di temi concreti quali la politica estera, il sostegno all’Ucraina con tutta l’Europa, la politica economica, i diritti, la maternità surrogata , i degassificatori e quant’altro con i nuovi partners di estrema sinistra, Fratoianni e Bonelli, su molti temi oltranzisti e contro che hanno già fatto dichiarare alla Schlein il rifiuto a livello europeo del PSE.

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Andrea Buffoni

L’accentuazione di queste posizioni si è ulteriormente esplicitata con l’enfatica adesione alla manifestazione sindacale di Bologna ove la Schlein ha “gridato” alla piazza che appoggerà tutte le iniziative del Sindacato e in modo specifico della CGIL, di fatto annunciando così la più completa subalternità del  PD a Landini ( la vecchia cinghia di trasmissione del PCI). Siamo all’opposto della cultura riformista: i leaders riformisti avevano posizioni assolutamente autonome dalle organizzazioni sindacali, allo stesso tempo rispettandone l’autonomia, con l’ulteriore rischio di minare anche l’unità sindacale.

L’altro irrigidimento è la affermata posizione intransigente sulle riforme istituzionali, pur aderendo all’invito della Presidente Meloni agli incontri, con il rifiuto tout court pregiudiziale di ogni proposta. Anche se il tema e il percorso è incerto e ricco di insidie tenuto conto che nel passato in tutte le occasioni i leaders di Governo ebbero a fallire. Da Craxi nel 1982/83 con la Commissione Buozzi, al tentativo di De Mita e Nilde Jotti nel 1992 fino alla Bicamerale D’Alema (che propose l’elezione diretta del Capo dello Stato !). Questa scelta di linea politica strategica ormai definitiva porterà conseguenze ancora tutte da valutare.

E’ iniziata la diaspora dal PD con l’abbandono ormai di esponenti importanti dell’area liberal-riformista e cattolica da ultimo con la dignitosa e moralmente alta decisione di Carlo Cottarelli di lasciare il PD e dimettersi da Senatore. Inoltre le opposizioni sono ulteriormente divise in antitesi e competizione tra loro vista la strategia populista demagogica e personalistica di Conte e del Movimento 5Stelle. Circostanze che di fatto non indeboliscono il Governo. All’orizzonte si apre uno spazio importante per un rinnovato centro-sinistra delle forze riformiste liberal-socialiste europee e quello che rimane da costruire o ricostruire del cd terzo polo con la propositiva disponibilità al dialogo e al confronto sulle riforme e su temi fondamentali dell’Agenda del Governo e che dovranno avere l’avallo del Parlamento .

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