Il virus della paura

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Siamo tutti in quarantena. Una condizione inedita per i cittadini della Lombardia e non solo, costretti dal Coronavirus a cambiare le proprie abitudini di vita in forza di una serie di limitazioni precauzionali disposte dalle autorità. In pratica, siamo chiusi in casa, in una sorta di “domiciliari” in funzione sanitaria che, nelle intenzioni, dovrebbero arginare il diffondersi del piccolo mostro. Giusto? Sbagliato? C’è chi sostiene che siano misure esagerate quanto poco utili, fonte di disagi. E c’è chi afferma che la malattia epidemica sia poco più di un’influenza, per giunta benigna. Di chi dobbiamo fidarci? Non si deve drammatizzare ma neanche minimizzare. Necessario razionalizzare. E comportarsi di conseguenza. Chi ha nozioni in materia, supponiamo sappia quello che fa e decida sulla base di elementi oggettivi.

Di sicuro non si può scherzare, né si deve buttarla in farsa. O in politica, che poi è la stessa cosa. Perché c’è chi cerca di sfruttare l’occasione a fini, diciamo così, promozionali, pro o contro governo e Palazzo Lombardia. Forse non è il caso di strumentalizzare in un momento del genere, dominato da un doppio virus, quello importato dalla Cina e quello della paura. Una cifra, la paura, che esula dalla razionalità, cioè dal sangue freddo necessario per affrontare una tale circostanza. Siamo sulla soglia del panico: la gente va all’arrembaggio dei supermercati per fare scorta di generi alimentari, come se alle viste ci fosse una carestia, una guerra, una sciagura immane. Nulla di tutto ciò. Dovremmo (dobbiamo) farcene una ragione, nonostante le molte incertezze che ancora caratterizzano gli eventi, anche dal punto di vista scientifico

Autorità e opinionisti predicano la calma. E la fiducia. Rimanere sereni è difficile, ma nemmeno possiamo farci prendere dallo sconforto. Passerà, certo che passerà. Se prestassimo meno attenzione ai social, a certe sciocchezze che girano in rete, forse saremmo meno preoccupati. Si legge e si sente di tutto. In molti provano a fare breccia tra le fragilità delle persone, per fini a volte reconditi, ma nemmeno tanto. Sono in campo gli sciacalli, a cominciare dai delinquenti che cercano di arricchirsi truffando i più deboli, spacciandosi per sanitari di Ats e ospedali, chiamati a effettuare test a domicilio mai richiesti. C’è una spregevole corsa ad aumentare a dismisura i prezzi di alcuni prodotti necessari a prevenire i contagi, come i disinfettanti e le mascherine. Chi controlla e interviene attorno a queste speculazioni? Qui ci scopriamo indifesi. E c’è chi, addirittura, riaccende la faziosità tra Nord e Sud, rivendicando supremazie e differenze antistoriche e, dato il contesto, assolutamente idiote. Sorta di rivalsa che non depone per l’invocata unità nazionale e purtroppo conferma come l’imbecillità trovi sempre e comunque un suo spazio.

Il Coronavirus ci obbliga a guardare la quotidianità con occhi diversi. Ci insegna la tolleranza: chiuse le scuole, stop a bar e cinema dalle 18 in poi, sbarrati musei e biblioteche, fermo lo sport, no agli assembramenti. Chiuse anche le chiese. Come se il manzoniano “La c’è la Provvidenza!” abbia perso il suo straordinario significato. Sembra un altro mondo, rovesciato su sé stesso. Al quale ci dovremo abituare, nella speranza che finisca il prima possibile. E che serva da monito per definire le precarietà che ci caratterizzano, a fronte di una società sempre più spavalda, arrogante e piena di sé. Poi basta un agente invisibile, piccolo piccolo e sconosciuto, per mandarla in tilt.

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