L’indulto a Fujimori spacca in due il Perù

RITRATTO DEL PRESIDENTE CHE SCONFISSE IL TERRORISMO MA VIOLO' I DIRITTI UMANI

Alberto Fujimori scende dalla scaletta dell'aereo presidenziale (Wikimedia Commons)

di Davide Agnesi e Mattia Sette

Il 18 gennaio la leader dell’opposizione peruviana Keiko Fujimori ha annunciato che, in caso di una sua vittoria alle elezioni del prossimo 11 aprile concederà l’indulto al padre Alberto Fujimori, presidente del Perù tra il 1990 e il 2000. La dichiarazione ha avuto come effetto la spaccatura dell’opinione pubblica peruviana, dato che una sua vittoria appare molto probabile; infatti, nonostante l’ex presidente sia stato condannato per corruzione e crimini contro l’umanità, nel paese ci sono ancora molti suoi sostenitori.

Ma chi era veramente Alberto Fujimori?

Alberto Kenya Fujimori Inomoto è nato a Lima il 26 luglio 1938, giorno della festa nazionale peruviana, da una coppia di immigrati giapponesi. Dopo una brillante carriera accademica, si è laureato nel 1961 in Ingegneria Agraria diventando professore e poi rettore dell’Università Nazionale Agraria.

Alla fine degli anni ‘80, il Perù era un paese martoriato dal terrorismo e dall’iperinflazione, che aveva raggiunto il 7649 percento e la tornata elettorale del 1990 risultava fondamentale per la nazione. Si sfidavano il premio nobel Mario Vargas Llosa, candidato per il partito “Alianza Nazional”, conservatore ed espressione di una politica economica liberista e molto reazionaria, e l’outsider Alberto Fujimori, che si presentava con il suo partito “Cambio 90” sostenuto dalle sinistre. Vinse con ampio margine il candidato nippo-peruviano che, con la sua figura di “uomo nuovo”, si contrapponeva a quella di Llosa, troppo legata all’establishment politico.

Il neopresidente dovette subito impegnarsi per risollevare la disastrata economia e, tradendo le sue promesse elettorali, elaborò un piano così austero e drastico da venir chiamato “Fujishock”, un piano molto più in linea con l’Agenda Politica di Llosa.

Nonostante l’abbattimento dell’inflazione e la ripartenza dell’economia peruviana la manovra messa in campo dal premier colpì duramente la popolazione più povera, tanto da spingere molti osservatori a sottolineare come a Lima vi fossero “salari del Bangladesh con prezzi di Tokyo”. Nell’aprile 1992, osteggiato dalla maggioranza parlamentare di sinistra, Fujimori decise di fare un “auto-golpe” e, con l’appoggio dei militari, sciolse il Congresso indicendo nuove elezioni e promulgando una nuova costituzione. In questo modo riuscì a completare la sua agenda politica indisturbato.

Durante tutta la presidenza, Fujimori combatté strenuamente i movimenti terroristici presenti sul territorio usando però metodi estremamente discutibili che consistevano nell’armare i villaggi contro i ribelli e foraggiare gruppi paramilitari che spesso compivano massacri proprio tra la popolazione civile. Inoltre potenziò l’intelligence statale permettendole di arrestare, torturare e processare i presunti terroristi, anche senza prove. Tutte queste misure ebbero effettivamente successo e portarono, nel 1992, all’arresto di Abimael Guzmán Reynoso, leader di Sentiero Luminoso, il principale movimento ribelle peruviano, ridimensionando di molto il fenomeno della guerriglia.

Nel 1998 Fujimori, consapevole che la Costituzione consentiva di ricoprire la carica presidenziale solo per due mandati, arrivò a destituire i giudici della corte suprema che lo osteggiavano per ottenere la terza vittoria. Un anno dopo il suo nuovo insediamento, però, venne alla luce uno scandalo di corruzione e violenze che riguardava il suo braccio destro, Vlademiro Montesinos. All’avanzare dell’indagine il presidente, sentendosi minacciato e sfruttando un meeting nel Brunei previsto per il novembre 2000, scappò in Giappone per poi essere destituito dal Parlamento per “incapacità morale”. Fujimori rimase in esilio volontario fino al 2005, quando si trasferì a Santiago del Cile con l’obiettivo di farsi rieleggere alle presidenziali del 2006, ma venne subito arrestato visto che sulla sua testa pendeva un mandato di cattura internazionale.

L’ex presidente, dopo vari processi, nel 2010 è stato condannato a 32 anni di carcere per corruzione, malversazione, omicidio, sequestro di persona e violazione dei diritti umani. Nel 2017 è stato graziato dal presidente Pedro Kuczynski, a fronte di un probabile scambio di favori con il partito “fujimorista” ancora forte in Perù. Ma nel febbraio 2018 un tribunale peruviano ha iniziato un procedimento contro di lui per l’uccisione, nel 1992, di sei agricoltori e lo scorso ottobre la Corte Suprema del paese ha annullato la grazia. Fujimori, dopo un periodo di ricovero in ospedale, nel 2019 è stato dimesso ed è tornato in prigione. Otterrà la grazia? Tutto il Perù se lo chiede.

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