Io tra i primi a interessermi della chiesa di Sant’Antonio a Olgiate

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Spettabile redazione, sono qui a rispondere riguardo il vostro servizio sulla chiesa di Sant’Antonio a Olgiate Olona, sperando che questa mia lettera venga da voi pubblicata.

Preciso subito che, pur essendo il referente della chiesa, nulla sapevo dell’iniziativa di realizzare un video. Addirittura non lo sapeva nemmeno il parroco. In tutti questi anni mi sono impegnato per la chiesa, sempre in collaborazione col parroco, unico responsabile per tutto quello che succede in parrocchia, anche durante gli eventi e le manifestazioni, il quale (vi lascio immaginare lo sconcerto) ha appreso la notizia da internet.

Del Gruppo Sant’Antonio faccio parte anche io e, modestamente, vorrei precisare che sono stato fra i primi a interessarmi della chiesetta nel lontano 2004 con altri tre amici. Abbiamo cominciato con una castagnata, qualche bancarella e poi coi concerti serali, il giorno prima della “Festa di Sant’Antonio”. Col tempo abbiamo realizzato lavori interessanti e necessari per la manutenzione della chiesa monumentale del nostro paese.

Le persone che si vedono nel vostro video e nelle foto non c’erano all’epoca, al di fuori di una, ma si sono aggregate solo successivamente. Per questo non riconoscere il lavoro fatto da altri, anche di chi non c’è più, non è onesto né gentile né corretto.

Nel servizio si dice che c’è un pericolo strutturale: tetto che perde, calcinacci che cadono e facciata che si sgretola, ma si continua ad accedere alla struttura. Con quale competenza si affermano queste cose se nessuno dei presenti ha il titolo per fare simili valutazioni? Poco tempo prima è stato fatto un sopralluogo tecnico e, pur rilevando necessità di ristrutturazione, non e stato sollevato questo pericolo.

Sono arrivato alla conclusione che se devo lavorare in una struttura e onorare un grande Santo sentendomi in disarmonia con altri, non vale la pena, non è onesto. Ma di certo non ho io voluto questa situazione.

Grazie per l’attenzione
Stanislao Prodan

Gentilissimo Prodan, non abbiamo capito se l’intenzione della sua lettera sia quella di sottolineare l’impegno dei fedeli (che apprendiamo dalle sue parole essere cambiati negli anni e, dal servizio realizzato dalla nostra giornalista Sara Pasino, essere anche aumentati rispetto ai tre di cui lei stesso fa cenno), oppure sia stata dettata dalla volontà di rivendicare una sorta di primogenitura riguardo alle iniziative per preservare la piccola chiesa di Sant’Antonio. E nemmeno vogliamo addentrarci in dissertazioni che porterebbero di filato nel solito ginepraio delle “gelosie da cortile”. 

Apprendiamo, sempre dalla sua lettera, che l’interesse per la chiesa di Sant’Antonio è vivo e ha radici ben salde nella comunità olgiatese. Perché il suo impegno è forse “più antico” rispetto a quello del gruppo che appare nel video, ma è sicuramente più recente se si pensa all’amorevole cura delle donne residenti nei pressi della chiesa che per anni, e ben prima delle recenti castagnate, hanno fatto da custodi (e non solo) di quell’edificio.

Siamo dispiaciuti di non averla considerata (in totale buona fede, ci creda) nel momento in cui il servizio è stato effettuato. Come ci spiace che la sua lettera si spenga in un’amara conclusione (ma anche qui non entriamo nel merito), e che la devozione che lei nutre per “un grande santo” non sia sufficiente a lenire screzi umani, troppo umani. Screzi che resistono quando invece, per raggiungere un grande obiettivo da tutti condiviso, sarebbe meglio mettere due mani in più (che in meno) a disposizione.

Andrea Della Bella