Istanbul, la città dai mille volti

Una visita a Santa Sofia e alla Moschea Blu dove islam e cristianesimo si sovrappongono

La Moschea Blu

Testo e foto di Riccardo Cusentino

Istanbul una città dai mille volti: impossibile coglierla nella sua interezza. E’ troppo complessa. Lo è sempre stata, nella storia, e sempre lo sarà. Punto di confine fra oriente e occidente, anello fra Europa ed Asia, è un luogo dove oggi coesistono e convivono culture differenti. Nella moderna Costantinopoli coesistono opere di cristiana memoria, come Aya Sofya, Santa Sofia, antica chiesa cristiana costruita nel 537 e poi convertita in moschea, la cui cupola, maestosa, e le decorazioni dei magnifici mosaici composti da circa 30 milioni di tessere, dominano la piazza di Sultanahmet. Di fronte c’è la Moschea Blu rivestita internamente con meravigliose maioliche che la rendono unica al mondo. Due mondi a confronto, due religioni, due culture, due universi che da secoli si osservano dai punti estremi della stessa piazza: il cuore di Istanbul. Una perfetta metafora di ciò che stiamo per raccontarvi.

La basilica di Santa Sofia

Tolti i turisti, questo è un luogo sacro per tutti coloro che si riuniscono in preghiera. Fedeli musulmani, che vivono pienamente gli insegnamenti coranici: Islam in arabo significa pace e sottomissione, per vivere serenamente sulla terra e nell’aldilà. Né più né meno dei messaggi centrali contenuti nei Vangeli, rassunti nel comandamento più importante, il comandamento dell’amore: “Ama il prossimo tuo come te stesso”. Ne consegue che il problema delle grandi religioni è sempre stato ed è sempre lo stesso: gli uomini che le governano.

Ma entriamo nella Moschea Blu. Un opuscolo in italiano ricorda che l’Islam è una delle 3 grandi religioni monoteiste e abramitiche (cioè che hanno origine da Abramo, le altre sono Cristianesimo e Ebraismo). “I profeti dell’Islam come Abramo, Mosé, Salomone e anche Gesù sono gli stessi del Cristianesimo” ci spiega Ahmed Ma’d prima di inginocchiarsi per la preghiera. “E sapete in che cosa crede un musulmano? Nel Dio unico, nei suoi angeli e nei profeti, nelle sacre scritture, nella onnipotenza e onniscenza di Dio che noi chiamiamo “Decreto Divino”, e naturalmente nella Resurrezione che è anche il pilastro del Cristianesimo. Curioso vero?”. “La carità – aggiunge Said Tarfah, compagno di preghiera – non consiste nel volgere i volti verso oriente o occidente bensì nell’aiutare concretamente chi soffre, chi è povero, i diseredati. Questo è il vero Islam e chi non compie queste opere non è un vero musulmano”.

La spettacolare volta interna della Moschea Blu

L’opuscolo che ti danno quando entri nella Moschea Blu evidenzia anche i 5 pilastri dell’Islam: la “Shahada” cioè la testimonianza di fede, quella formula di preghiera che – tradotta – significa: non vi è altro Dio all’infuori di Allah e Maometto è il profeta cioè l’inviato di Allah. Poi c’è la “Sala” cioè le cinque preghiere quotidiane che rafforzano la fede ma permettono altresì di concedesi momenti di spiritualità nel caos di tutti i giorni. Torna alla mente la Liturgia delle ore cristiana, cioè – per capirci – la preghiera ufficiale della Chiesa Cattolica. Indovinate quante sono? Esattamente cinque, come nell’Islam: lodi, mattutino, ora media, vespri, compieta. Ma ormai le praticano in pochi. Quindi c’è il digiuno (come per i venerdì di quaresima della Chiesa), il Ramadam: il sacrificio e la rinuncia rafforzano lo spirito. Il Ramadam aiuta a sviluppare una coscienza sociale, la pazienza, l’altruismo, perché è finalizzato ad opere di bene. Rafforza la volontà e ci ricorda che la sofferenza è parte della vita. Il quarto pilastro dell’Islam è la “Zaka”, la carità: “Un obbligo che si traduce in una tassa annuale a carico dei più facoltosi, i cui proventi vengono dati a chi ne ha bisogno” spiega Abdul Haq – è dovere di ogni musulmano aiutare i poveri, gli orfani e i bisognosi”. Quinto pilastro è l’”Hajj” cioè i pellegrinaggio alla Mecca: non un banale simbolo ma un momento di autentica fratellanza, che riunisce milioni di fedeli attorno alla Ka’abah, quell’edificio cubico costruito – guarda caso – da Abramo, capostipite anche del Cristianesimo. Esci un po’ frastornato dalla moschea. Esci comprendendo che i principi fondamentali dell’Islam si sovrappongono a quelli del Cristianesimo e sono principi sacri che tutti gli uomini sono chiamati a rispettare.

Con questi pensieri, può essere utile una sosta alla Cisterna Basilica, la più grande cisterna sotterranea ancora conservata ad Istanbul, dove spicca la colossale testa di Medusa riutilizzata (al contrario) come base di colonna. La cisterna fu costruita nel 532 dall’imperatore Giustiniano I durante il periodo più prospero dell’Impero romano d’Oriente, ampliando e rivoluzionando una struttura preesistente risalente all’epoca della reggenza dell’imperatore Costantino. La cisterna era alimentata dall’acquedotto di Valente, un acquedotto, tra i più lunghi della romanità, che portava acqua fin dalla foresta di Belgrado e poteva contenere fino ad 80 milioni di litri d’acqua. L’acqua proveniente dalla cisterna serviva i ricchi palazzi della città. Oggi aiuta a schiarirsi le idee.

La tesa al contrario nelle Cisterne della Basilica