La Lega è leninista. Con Andrea Cassani di più

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Andrea Cassani, sindaco di Gallarate e segretario provinciale della Lega, durante un' intervista a Malpensa24 TV

Roberto Maroni diceva che la Lega è un partito leninista: “Migliaia di persone da motivare, un capo che comanda, un progetto da seguire”. Lo diceva anni fa, epoca bossiana, quando lui, il Bossi Umberto da Cassano Magnago, decideva, disponeva e gli altri eseguivano. Chi sgarrava era fuori. E’ sempre andata così, sta ancora andando così. Perlomeno in provincia di Varese dove il segretario Andrea Cassani usa la clava con chi fa di testa sua. Che abbia ragione non lo sappiamo o, meglio, non tocca a noi sostenerlo. Però conosciamo un pochino la Lega e un altro pochino conosciamo Cassani, che non ci risulta abbia studiato dalle Orsoline e certi atteggiamenti da duro e puro gli sono propri fin dagli inizi della sua carriera politica.

Chi oggi s’indigna perché il segretario, eletto al congresso di Busto Arsizio alla fine dello scorso anno, abbia fatto balenare l’idea che il sommese Alberto Barcaro, pronto a schierarsi in Provincia al fianco del civico di centrosinistra Marco Magrini in contrapposizione alla linea del Carroccio, si chiami fuori dal partito, bè, o finge di indignarsi per opportunismo o vive in un altrove leghista che non esiste. Sarebbe così un po’ dappertutto nello sgarrupato mondo partitico italiano, dov’è la novità?

Allo stesso modo ci paiono ipocrite le critiche a Cassani che spinge la Regione e, quindi, il presidente Attilio Fontana a sveltire le procedure per l’ospedale unico tra Gallarate e Busto Arsizio. Presa di posizione inusuale nelle liturgie della politica quella del segretario leghista, nonché primo cittadino di Gallarate. Inusuale per il semplice fatto che certe criticità, per dirla in modo soft, andrebbero discusse a porte chiuse. Cioè, i cittadini non devono sapere. Balle: invece i cittadini hanno il sacrosanto diritto di conoscere come stanno certe situazioni. E i signori politici hanno l’obbligo istituzionale e morale di spiegare e di muoversi alla luce del sole. Specialmente quando sono in gioco milioni di euro pubblici e, con essi, il futuro sanitario di un vasto territorio, oggi caratterizzato da due nosocomi dirimpettai scalchignanti e avviati a una lenta quanto preoccupante dismissione.

Andrea Cassani ha agito intempestivamente, mettendo in scacco il “suo” governatore lombardo? Può essere, ma un sindaco deve fare il sindaco: alle persone che hanno bisogno di cure appropriate ed efficaci non gliene importa un fico secco del bon ton politico. Vogliono i fatti. Tanto più che di questo benedetto o stramaledetto nuovo ospedale si chiacchiera da almeno un decennio. I rapporti interni di un partito sono un’altra cosa.

Certo, c’è poi chi si chiede perché Cassani abbia pigiato il piede sull’acceleratore in questo modo proprio ora. Qualcuno adombra l’idea che sia spinto dalla rabbia per alcune scelte post elettorali che hanno penalizzato la Lega provinciale. Tant’è vero che non perde occasione per colpire la sua ex assessora Francesca Caruso, esponente di Fratelli d’Italia, promossa a sorpresa nella giunta di Palazzo Lombardia. Il segretario/sindaco sembra incazzato a mille per un avanzamento assessorile che ha premiato un esponente di un altro partito invece del suo. Un premio “assegnato” dal leghista Fontana in spregio alle aspettative del Carroccio varesino.

Vero? Falso? Bisognerebbe essere dentro le segrete cose leghiste per dare una risposta sicura. O, quanto meno, bisognerebbe essere dentro la testa di Cassani, che comunque vive il disagio di essere a capo del partito che l’ha espresso come sindaco. Una sovrapposizione di ruoli che non fa bene ai rapporti complessivi di una coalizione e non solo: gli interessi, politici e amministrativi, non sempre coincidono. Ma qui entriamo in un terreno scivoloso, dati i precedenti: il ministro delle Infrastrutture è il capo della Lega nazionale e, addirittura, la presidente del consiglio comanda Fratelli d’Italia. In un simile contesto non fanno di sicuro la differenza le meschinità dell’ultima provincia italiana per limiti politici già con la Lega dominante. Figurarsi adesso.

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