La “razza padrona” col mito dell’impunità

bottini razza padrona

di Gian Franco Bottini

Nel giro di pochi giorni alcune imbarazzanti situazioni stanno mettendo a dura prova i nervi della Premier Meloni, accentuando quel sentore di malessere che da tempo avvertivamo e che ci fece suggerire (ovviamente senza la pretesa di essere ascoltati )la necessità che Lei facesse un “po’ di pulizia nel suo entourage”. C’erano allora avvisaglie ed oggi, dopo poche settimane, ci sono certezze e, sebbene la cautela è d’obbligo, il prolungato silenzio della Premier sarebbe dannoso. E ancor più dannose sono le generiche ed interlocutorie difese d’ufficio che lasciano il campo ad un sentore di grande imbarazzo e poca lucidità.

Prima il sottosegretario Delmastro, etichettato come improvvido e pericoloso “chiacchierone”; poi il suo collega Sgarbi che continua ad interpretare il macchiettistico personaggio più adatto alla partecipazione a Zelig che non ad un governo. Inadeguatezza e molte smanie di protagonismo da parte di entrambi. A seguire, la scabrosa vicenda della ministra Santanchè (con la partecipazione straordinaria della seconda carica dello stato La Russa) e subito appresso lo stesso La Russa più pesantemente travolto in vicende riguardanti la sua progenie.

Ma non dimentichiamo che solo qualche mese fa, pure il Savonarola pentastellato Grillo era rimasto incagliato in una sgradevole vicenda di un suo discendente e, solo poche settimane fa, persino l’ex premier rosso D’Alema era riemerso agli onori della cronaca con una presunta ma imbarazzante immagine  di “mercante d’armi”. Questo per dire che se lo scenario attuale è obbiettivamente più imbarazzante per le forze di governo, ingiusto sarebbe dare alla scabrosa materia una colorazione politica unilaterale; forse più corretto sarebbe, pensando a tanti altri casi, dar credito al detto popolare che “il più sano ha la rogna”.

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Gian Franco Bottini

Restando più prossimi all’attualità, dobbiamo purtroppo verificare che un “pacchetto” di grane così complesso era l’ultima delle situazioni che la Premier, ed il Paese, potevano augurarsi e rappresenterà per la Giorgia nazionale uno scottante banco di prova . La difficoltà della Meloni starà nel sapere coniugare, con equilibrio, le sue responsabilità di Capo del governo, con  quelle di Capo politico della coalizione che la sostiene. Credeteci, non sarà semplice e qualche suo passo falso potrebbe metterla in discussione persino fra il suo elettorato.

Rispetto alle singole questioni non vogliamo dire più di quanto già detto, ma rispetto alle conseguenze, anche politiche, ci auguriamo che non si facciano degli errori che possano mettere in forse la credibilità del governo e della parte politica che lo sostiene. Lo diciamo non certo per una nostra scelta di campo ma perché si vedrebbe minata una  ipotesi di continuità governativa, della quale il Paese ha necessità e per la quale, al momento, non si vedrebbero soluzioni alternative altrettanto attendibili.

Il primo errore da non fare è quello di “buttarla in politica”, sostenendo che il “pacchetto”di fatti contestati trae origine dalla concomitante contrastata discussione sulla “riforma della Giustizia”. Pur riconoscendo alcuni passati episodi di utilizzo politico della giustizia , ci pare che nella attuale situazione una tale ipotesi avrebbe poca credibilità e quindi, nell’interesse del Paese, le due cose vanno tenute ben distinte, se non si vuole siano entrambe penalizzate.

Conseguentemente il secondo errore da non commettere sarebbe quello di  “fare di tutta l’erba un fascio” (ovviamente nulla a che vedere con quello Littorio), perché tutte le vicende in questione sono fra loro diverse, perché gli interessati coinvolti hanno messo ognuno molto “del loro” e perché, se se ne vuole uscire con credibilità, le cose andranno sbrogliate una alla volta e con soluzioni appropriate ai diversi casi. Pur nella loro diversità i fatti in questione ci sembrano avere comunque un  fattor comune che li identifica; un fattore che funge da terreno di coltura per sviluppare dei batteri che possono chiamarsi arroganza, impunità, impudenza, mancanza di senso etico e altro. Una specie di “bolla” che non ha un colore politico specifico anche perché in essa non ci si entra con un bagaglio di valori ma con un tascapane di voglie ed interessi personali. Molti politici in questa “bolla” ci sguazzano in compagnia di cosiddetti  Vip di vario genere e natura. I nuovi ammessi, ebbri di questa nuova agognata posizione, rischiano di fare danni e le nuove  generazioni crescono all’ombra dei loro capostipiti con il mito tramandato della “riccanza” e la convinzione di far parte di una intoccabile “razza padrona”.

Ecco, l’illusione di avere nelle mani  il potere di una  “razza padrona”, ci pare essere il comune denominatore di molti delle distorte questioni che abbiamo poc’anzi elencato.

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