Lavena Ponte Tresa, abusi edilizi al condominio sul lago: «Nessuna segnalazione dal Comune»

LAVENA PONTE TRESA – Il sindaco di Lavena Ponte Tresa, Massimo Mastromarino, non era a conoscenza delle presunte irregolarità in ambito edilizio relative al condominio Petra, affacciato sul lago e finito al centro di una indagine condotta nel 2017 dalla guardia di finanza, per la quale sono state rinviate a giudizio tredici persone.

Il processo

Lo ha affermato in tribunale a Varese il sindaco stesso, che è tra gli imputati del processo e deve rispondere di abuso d’ufficio perché, secondo la Procura, avrebbe favorito il committente dei lavori, riguardanti in particolare il seminterrato dell’edificio, a fronte di quelli che il capo d’imputazione definisce «plurimi abusi edilizi».

Il no al permesso di costruire

Irregolarità che all’epoca delle indagini non erano note ai tecnici comunali, secondo il sindaco, che proprio parlando con i tecnici aveva preso atto della situazione, rispetto alla quale la guardia di finanza stava svolgendo accertamenti. Mastromarino, rispondendo alle domande delle parti in udienza, ha anche specificato che per ben due volte da consigliere comunale di minoranza, cioè prima di diventare sindaco, si era opposto all’approvazione del documento sul permesso di costruire riguardante il condominio Petra, ritenendo necessaria una revisione della procedura amministrativa in corso.

Poi, una volta eletto alla guida del paese, aveva preso in carico la gestione dei problemi di carattere sanitario evidenziati dall’Ats sempre in merito ai lavori al condominio Petra, e dopo la convocazione di un tavolo tecnico il sindaco aveva emesso un’ordinanza contenente le indicazioni per la risoluzione di quelle criticità ma, ha sottolineato in aula Mastromarino, non si era occupato di norme edilizie perché non erano di sua competenza.

La prescrizione

L’udienza precedente era terminata con l’accoglimento, da parte dei giudici, delle richieste presentate dalle difese per far fronte alla prescrizione di diverse accuse, tra cui contravvenzioni al Testo unico dell’edilizia e al Codice dei beni culturali e del paesaggio, ma anche minacce tra condomini per via del clima che si era creato attorno ai lavori per il condominio, finalizzati a modificare alcuni spazi del piano seminterrato. La decisione ha così portato ad un ridimensionamento del numero delle accuse e del numero di imputati, sceso da tredici a sette.

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