Legnano, firmato l’accordo al ministero per la “cassa” dei lavoratori ex Pensotti

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LEGNANO – È stato firmato al ministero del Lavoro e delle Politiche sociali l’accordo per la conversione da cessazione di attività a fallimento della società, in merito alla cassa integrazione per i lavoratori ex Pensotti di Legnano. La CIGS per i dipendenti rimasti, in tutto 43, proseguirà fino al 31 ottobre. È stata così accolta la richiesta del curatore fallimentare, Marco Bianchi, di deroga della “cassa”, già prevista per 12 mesi nell’ambito del decreto Salva Genova. «Purtroppo – osserva Franco Lizzi, della RSU Pensotti – per noi lavoratori ci attendono tre o quattro mesi di tempi tecnici necessari all’INPS per la conversione della CIGS e durante tutto quel periodo non riceveremo lo stipendio. In questi casi, al 90 per cento è così».

Lizzi (RSU): «No a licenziamenti collettivi fino a novembre»

Alla firma dell’accordo, avvenuta mercoledì 22 maggio, oltre a Lizzi erano presenti Valentino Ceriali per la FIM CISL, Stefano Gallinaro (FIOM CGIL), Francesco Staccioli (USB L.P.), Claudio Mazzucchelli, delegato dal curatore fallimentare e per Regione Lombardia il funzionario Antonio Genova. Assente, invece, Confindustria; il presidente regionale dell’associazione dal 2013 al 2017, Alberto Ribolla, era amministratore delegato della SICES Spa di Lonate Ceppino, l’azienda controllante la Pensotti. «L’azienda – spiega ancora Franco Lizzi – avrebbe voluto inserire nell’accordo l’impegno per un licenziamento collettivo che abbiamo però rigettato. Fino a quando ci sarà la CIGS non si potrà parlare di licenziamenti coatti, a meno che ve ne siano su base volontaria».

«Ombre sull’acquisizione da parte della SICES di Lonate Ceppino»

A margine della firma, il rappresentante della RSU è tornato a ribadire l’impressione che «si vuole chiudere in fretta la partita per mandare tutti a casa e nascondere un grande pasticcio fatto con la complicità della Triplice varesina». Di quale «pasticcio» si tratti, Lizzi è certo: «La SICES ha assorbito la Pensotti per salvarsi e tirare a campare qualche anno. Così, per fare lo stesso lavoro si è passati da 90 lavoratori a 150, mentre il fatturato diminuiva. Poi, essendo parte del gruppo, quando sono iniziate le difficoltà hanno tolto il fido alla Pensotti. Se Pensotti fosse rimasta da sola – sottolinea Lizzi – la SICES sarebbe fallita, ma la Pensotti sarebbe ancora attiva. E poi rimane un grave problema di fondo: dove sono finiti i soldi del finanziamento pubblico e come si è creato un buco in bilancio di ben 56 milioni di euro?».

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