Macron-Meloni: convenienze parallele

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Emmanuel Macron e Giorgia Meloni

di Massimo Lodi

L’attacco della Francia all’Italia giova a entrambi. Alla Francia per dirottare oltreconfine le velenose critiche interne. All’Italia per conservare un nemico utile a fruttarle nuovi amici sullo scenario continentale. I blues ci scaricano addosso il problema migranti allo scopo di velare quello delle pensioni, e anche per indebolire eventuali nostre manovre di sganciamento dalle odierne alleanze europee dopo il voto 2024.

È un timore fondato. La Meloni lavora al ribaltamento dell’asse Macron-Scholz e dunque a sovvertire la maggioranza battezzata Ursula (popolari, socialisti, liberali più verdi in appoggio esterno) che nel 2019 -proprio su iniziativa dell’Eliseo- insediò la Commissione Von der Leyen. L’idea di Chigi è convincere il Ppe a mollare il Pse dando vita a un diverso insieme, con marchio centrodestra anziché centrosinistra. Si aggregherebbero i sovranisti “moderatizzati” dal realismo conservatore di cui la premier ha capito l’importanza strategica.

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Massimo Lodi

Dunque chi comanda in Francia ha interesse a minare la credibilità di chi comanda in Italia. E viceversa. Sicché Roma ha colto l’occasione dello sgarbo di Parigi volgendola in caso internazionale. Una scelta più razionale che emotiva. Pur se la seconda ci sta tutta anche senza la prima: quando viene offesa la sensibilità nazionale (di questo si tratta, agli occhi popolari, destri e sinistri), il riflesso reattivo è improntato allo spirito nazionalistico. E chi non vi si adegua, rischia di passare per cinico sabotatore.

Non a caso Conte, rivalissimo della Meloni, s’è affrettato a condannare il mauvis geste transalpino, subito seguìto dal responsabile esteri del Pd, Provenzano, invitato a recitare una parte che sarebbe spettata alla Schlein. Perché la rinuncia a intervenire di persona? Forse divisioni dentro casa, forse un calcolo elettorale. I Dem stanno risalendo nei sondaggi, tre per cento di guadagno dall’insediamento della nuova segretaria, mentre Fratelli d’Italia segna un calo. Dunque, ok al sostegno del governo in un litigio tra Paese e Paese, però senza scordare le differenze nelle cose tricolori. A cominciare dalla questione immigratoria.

E poi, c’è il poi. Martedì prossimo sarà la prima volta d’un faccia a faccia tra Meloni e Schlein. La presidente del Consiglio apre a un tavolo di riforme, la leader del maggior gruppo d’opposizione intende trattare da una piattaforma vantaggiosa rispetto ai sodali di schieramento. I numeri parlamentari sono dalla parte di Giorgia, ma da soli non bastano a una grande riforma costituzionale, e idem a una eventuale riforma elettorale. Ci vuole il resto, del quale Elly rappresenta la quota più significativa. Meglio sottolineare il ruolo, visto che un qualunque Darmanin ne offre l’occasione. Esistono pure i beau geste verso sé stessi: è la legge della concorrenza, come d’altronde sa benissimo Giuseppi.

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