Marco Reguzzoni: «Burocrazia peggio del virus. Più tamponi, ma fateci lavorare»

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BUSTO ARSIZIO – «Stiamo morendo di burocrazia più che di virus». È la voce fuori dal coro di Marco Reguzzoni, imprenditore e presidente di Volandia, già capogruppo della Lega di Bossi a Montecitorio e già presidente della Provincia di Varese, ad alzare il velo sulla situazione di emergenza economica che si sta creando in scia all’emergenza coronavirus. «Trovate il modo, ma fateci lavorare» è il suo appello, che nasce dall’indignazione per come si sta affrontando la crisi.

I tamponi? Centinaia di laboratori pronti

marco reguzzoni accam bustoÈ la querelle sui tamponi a farlo sbottare: «Non è vero che non ci sono kit o laboratori che possono fare i test. Il tampone è semplice e anche poco costoso e centinaia di laboratori in Italia possono eseguirlo – afferma Marco Reguzzoni, che della materia se ne intende, essendo stato tra i fondatori del Biocell Center, primo gruppo al mondo a fare crioconservazione di cellule staminali da liquido amniotico e villi coriali – sono i burocrati del nostro ministero che hanno vietato ai laboratori di fare i campioni a tutti. Perché? Secondo loro perché se uno è asintomatico non pare molto contagioso (??!!). Ma allora se i soggetti asintomatici non sono virali, perché siamo tutti reclusi? Se avessimo fatto campagne a tappeto da subito, avremmo potuto isolare i soli contagiati e continuare a vivere! Invece adesso moriamo, più di burocrazia che di virus!».

Roma accentra

Tutto documentato, carte alla mano: circolare ministeriale del 25 febbraio e linee guida dell’Istituto Superiore della Sanità del 27 febbraio. Dove si legge che siccome «il contributo apportato da potenziali casi asintomatici nella dinamica della diffusione epidemica appare limitato», si raccomanda che «l’esecuzione dei tamponi sia riservata ai soli casi sintomatici» e che «in assenza di sintomi il test non appare al momento sostenuto da un razionale scientifico e potrebbe essere addirittura fuorviante». Niente tamponi agli asintomatici, quindi. E non solo, «nessun laboratorio italiano – pubblico o privato – può fare campioni, bisogna inviarli al laboratorio romano dell’ISS» fa notare il presidente di Volandia, rinverdendo i toni da militante federalista.

Tamponi a tappeto?

Eppure con i tamponi a tappeto, secondo la “dottrina” del governatore del Veneto Luca Zaia e dell’Emilia-Romagna di Stefano Bonaccini, che sta sperimentando la modalità “drive-thru”, si potrebbero isolare più efficacemente i contagiati per evitare il blocco totale delle attività. Che poi è quel che interessa maggiormente al bustocco Reguzzoni, che ha il lavoro nel Dna: «Abbiamo lavorato sempre, anche in guerra e sotto le bombe. Non sono io a dire come: fate quello che è necessario (mascherine, tamponi a tappeto, isolamento dei soggetti a rischio, quarantena ai positivi…) ma fateci lavorare. È la nostra essenza, la nostra cultura, la nostra vita. Senza poter lavorare la nostra società muore».

La riscossa del guerriero

Una presa di posizione provocatoria e coraggiosa, in un momento in cui la paura del coronavirus e la situazione di emergenza sanitaria ed economica tende ad affievolire le contrapposizioni politiche, nel nome di un’unità che s’impone nella comune battaglia per fermare la diffusione del virus. Ma Reguzzoni è uno che non le ha mai mandate a dire e che, allergico ai compromessi, la politica attiva l’ha lasciata ormai dal 2013 (a parte la non fortunata parentesi del movimento Grande Nord in cui però non si è mai candidato) per iscriversi, parole sue, al «partito del lavoro sodo». In questi giorni “caldi” si sente «come un elefante in gabbia», e talvolta non ce la fa proprio a starsene zitto nella sua Busto Arsizio. Come già qualche giorno fa, quando aveva tuonato contro i 500 milioni di euro che il DL “Cura Italia” ha destinato al salvataggio di Alitalia, «ennesimo ladrocinio – per l’imprenditore bustocco – con questi soldi avrebbero mantenuto migliaia di posti di rianimazione negli ospedali oppure potrebbero aiutare migliaia di imprese che sono al collasso».

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