Meloni-La Russa: fratelli sì, però

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Giorgia Meloni e Ignazio La Russa

di Massimo Lodi

Meloni si distanzia (finalmente) dal presidente del Senato. Dichiara: al suo posto non sarei intervenuta in difesa d’un figlio accusato di stupro. Aggiunge il sostegno alla donna vittima dell’episodio. Ci mancherebbe. Al netto dell’indulgenza genitoriale per un padre in ambasce, la doglianza politica/la freccia da Apache è pungente e dolorosa.

Eh sì, perché suona come sconfessione del suo mentore e sodale di partito (cofondatore di Fratelli d’Italia) che rappresenta la seconda carica repubblicana. Mica poco. Quale deduzione trarre? L’inadeguatezza di La Russa al ruolo. Di gaffe ne aveva già infilate più d’una, stavolta siamo oltre la topica. Varcato il confine della regola istituzionale che impone accortezza prudenza cautela, in quale riserva indiana procede il vice d’uno strabiliato Mattarella? In quella minata dell’inidoneità, terreno ospitante imprevisti peggiori che altrove, a seconda del modo di calcarlo.

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Massimo Lodi

Naturalmente Meloni non imporrà un passo di lato/indietro a La Russa. Ne andrebbe della tenuta governativa, essendo Chigi sotto il tiro di opposizione, magistratura, aggregazioni sociali eccetera. Però lo spinge un passo avanti verso l’orizzonte del futuro, possibile, non proprio immaginifico abbandono. Se il titolare del più alto scranno di Palazzo Madama dovesse rendersi protagonista di nuove scivolate, si vedrebbe (o no?) costretto al sacrificio. Spontaneo, all’apparenza. Obbligato, nella sostanza.

Siccome (1) la premier ambisce a un progetto di legislatura; e vuole condurre in porto riforme strategiche; e per ottenerle reclama un’armonia qualitativa di gruppo; e fatica a individuarla in alcuni componenti della squadra un po’ scelta un po’ subìta; e tuttavia non intende desistere dalla trasformazione del Paese; siccome (2) questo è il suo mantra affatto rinunciabile, se una resa va intimata, essa riguarda i compagni di viaggio. Carissimi fin che si vuole, ma non quanto la missione cui dentro di sé Giorgia -oggi in sofferenza dell’1,8 per cento nei sondaggi e con Salvini pronto a giovarsene- avverte d’essere chiamata a obbedire. Determinata al punto di scriverne, assieme a un direttore di giornale suo estimatore, nell’annunciato libro-intervista di prossima uscita. Si scommette se La Russa lo leggerà da presidente del Senato anzichenò; e idem qualche ministro (Santanchè la prima), se da titolare di dicastero o da ex. 

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