Monteviasco, morte in funivia: parlano i colleghi di Dellea

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VARESE – «Per diverse volte non sono riuscito a fare quello che faceva Dellea. Ovvero stare sul predellino per controllare le funi dell’impianto: resistevo con la cabina fatta avanzare di 10 o 15 metri. Poi chiedevo di tornare indietro. Perché avevo paura». E’ tornato in aula oggi, giovedì 26 maggio, il processo per la morte di Silvano Dellea, lo storico manutentore della funivia di Monteviasco deceduto nel novembre del 2018 in seguito a un drammatico infortunio sula lavoro.

Avevo paura

Oggi, davanti al giudice del Tribunale di Varese Marcello Buffa, sono comparsi i colleghi di Dellea. Altri manutentori, che incalzati dall’accusa hanno ricostruito non solo la giornata del drammatico incidente, ma anche le procedure di sicurezza e controllo alle quali la funivia che collega Curiglia alla frazione di Monteviasco (solo collegamento oltre a una mulattiera da percorrere a piedi).

Accertamenti sulle funi

A processo, con l’accusa di omicidio colposo, ci sono i consiglieri della cooperativa che gestiva l’impianto, il direttore d’esercizio, l’ex sindaco di Curiglia con Monteviasco, i funzionari del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e il progettista della revisione generale. In tutto dieci persone. Il punto è stabilire se il predellino che Dellea utilizzò quel giorno per i controlli all’impianto fosse o non fosse a norma. Il manutentore morì schiacciato dalla cabina in movimento alla stazione a valle. Secondo i testi ascoltati oggi in alcuni casi la metodologia utilizzata dalla vittima per gli accertamenti sulle funi faceva paura.

Accertare le responsabilità

«Mi fu detto di non fare come lui – ha spiegato un teste – Da quel giorno, quando lavoravo con Dellea, lo tenevo all’interno della cabina sino a quando non raggiungevamo il pilastro dell’impianto». Lo stesso teste ha spiegato che quando sostenne l’esame per l’abilitazione alla qualifica di manutentore «Non mi fu chiesto di eseguire quella particolare manovra». Sentito anche il collega di Dellea operativo alla stazione a monte e risultato positivo all’alcoltest quel giorno. L’uomo ha ammesso di aver bevuto un bicchiere di vino aggiungendo, in riferimento al predillino utilizzato da Dellea che forse il collega «avrebbe fatto meglio a non fare quello che faceva». Il punto è però stabilire se il predellino in questione fosse a norma e, nel caso non lo fosse, chi abbia deciso il suo utilizzo nel corso degli interventi di manutenzione. Se vi fosse un obbligo di controllo e, nel caso, se qualcuno sia intervenuto oppure no. Si torna in aula il 14 luglio.

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