Addio Don Alberto, «l’amico prete» di Dario Fo che inventò il teatro a Gallarate

Morto don alberto gallarate

GALLARATE – E’morto oggi, 20 agosto, don Alberto Dell’Orto. Colpito da una ischemia durante la settimana di Ferragosto, aveva chiesto di essere dimesso dall’ospedale e riportato nella sua abitazione di Sciaré, a Gallarate, lo scorso lunedì. Aveva percepito, nonostante fosse semicosciente, la gravità del suo stato di salute. Eppure, le sue condizioni sono apparse in leggero miglioramento nei giorni scorsi, ma questa sera il quadro clinico è peggiorato fino a quando il suo cuore ha cessato di battere. Don Alberto ha compiuto 80 anni nel febbraio scorso. 

Bruce Springsteen, Ac/Dc, Bon Jovi, Aerosmith, Renato Zero, Negramaro, Ligabue. In quarant’anni al timone della Barley Arts – una tra le società più importanti in Italia per la promozione di spettacoli di musica dal vivo – Claudio Trotta ha organizzato migliaia di concerti. Ma quello di George Thorogood in uno strapieno Teatro delle Arti di Gallarate non se lo è mai dimenticato. Fu la prima cosa che ricordò dal palco della Sala degli Arazzi del Maga a febbraio 2018, quando venne in città per la presentazione della sua autobiografia: «Arrivò il prete e mi disse: bisogna interrompere subito il concerto perché sono tutti in piedi a ballare». Erano i mitici, quanto difficili, Anni Ottanta e naturalmente il sacerdote in questione era don Alberto dell’Orto, riferimento di una sala parrocchiale di provincia in cui, grazie a lui, risuonarono per una sera persino le note del bluesman di Wilmington che compose “Bad to the Bone”. Nonostante le resistenze iniziali, quanto fosse culturalmente già avanti quarant’anni fa don Alberto lo dimostrò a un piccolo (allora) promoter che non si dimenticò mai di lui.
Del resto Don Alberto è il creatore di quel piccolo miracolo culturale di provincia nato nel 1967 nella sala parrocchiale di via don Minzoni. Dario Fo, Vittorio Gassman e Mariangela Melato sono soltanto alcuni dei più grandi attori che hanno recitato a Gallarate, ribattezzata la piccola Atene anche e soprattutto per essere arrivata alla cinquantaduesima stagione teatrale consecutiva. In provincia di Varese nessuno è riuscito a fare meglio. Per mezzo secolo è stato don Alberto in persona a scegliere gli spettacoli, a costruire il cartellone, a gestire insieme a uno staff ormai collaudato la biglietteria, a continuare a portare a Gallarate il meglio della recitazione italiana.
«Vorrei scriverci un libro», annunciò il sacerdote due anni fa, «per raccontare i venti grandi momenti che hanno fatto mezzo secolo di storia del nostro teatro». Ai suoi amici, più volte negli ultimi tempi, ha confidato che lo aveva quasi finito. Ora toccherà a loro terminarlo e pubblicarlo. Conterrà sicuramente  “Nel fondo ovvero l’albergo dei poveri” di Massimo Gorki con la regia di Giorgio Strehler nell’anno in cui lasciò il Piccolo per dissidi interni, “I masnadieri” con Gabriele Lavia e Umberto Orsini (erano gli Anni Ottanta) e le numerose rappresentazioni della compagnia Gli Associati, «Senza dubbio la più grande compagnia italiana di sempre», ripeteva il sacerdote ogni volta che lo si interrogava su chi fossero i migliori.
Non mancherà infine la prima volta di Dario Fo a Gallarate. «C’è il tuo amico prete al telefono»: era questa l’espressione che Franca Rame usava nel passare la cornetta al marito Premio Nobel ogni volta che don Alberto Dell’Orto gli telefonava. I due si conobbero al Teatro Tenda di Milano, al termine di una serata movimentata a causa della contestazione operaia.  Colpito dalla singolarità della richiesta (il quadro del Mistero Buffo dedicato a Dedalo e Icaro), l’artista giullare accettò di venire a Gallarate. Non soltanto le Arti sarebbe stato il primo teatro della provincia a ospitarlo, ma anche il primo teatro parrocchiale dopo anni di rapporti complicatissimi con la Chiesa. Don Alberto sapeva di non poterselo lasciare scappare. Ma c’era un altro scoglio da superare: il cachet, qualcosa come 40 milioni delle vecchie lire. Naturalmente troppo. Ma Fo aveva già deciso, a Gallarate sarebbe venuto. Disse: «Facciamo così, l’intero incasso all’associazione (lui viveva dei diritti d’autore dei suoi testi, l’introito degli spettacoli lo girava a una realtà che si prendeva cura dei disabili, ndr) e in più pagate voi le tasse Siae». Affare fatto. Pochi mesi dopo arrivò il grande giorno dello spettacolo. Fu un trionfo, tanto che Fo ci tornò per altre due volte. L’ultima nel 2002, con “Lu santo jullare Francesco”. Fu quella la volta in cui, per imitare Berlusconi, recitò per tutto il tempo sulle ginocchia, per far capire quanto fosse piccolo di statura. E fu la volta in cui don Alberto, sul palco al termine dello spettacolo per consegnargli un premio, si dissociò da alcuni contenuti che aveva udito dalla platea durante la rappresentazione dell’opera teatrale. In un’intervista rilasciata il giorno dopo la morte dell’artista milanese, il 13 ottobre 2016, don Alberto descriveva così la grandezza di Fo: «Arrivava con i problemi veri della gente, in particolare il rapporto tra i poveri e chi invece ha tutto. E poi i suoi spettacoli sono sempre stati caratterizzati da un clima di festa. Ecco, chiuderei così: fu sempre festa».
Cinema, teatro, musica, filosofia: parafrasando lui stesso, grazie a don Alberto per mezzo secolo al Teatro delle Arti è stata sempre una festa. Ora spetta alla sua Gallarate far sì che senza di lui il sipario non si abbassi per sempre.

Don Alberto Dell’Orto è gravissimo. Gallarate prega per lui

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