Nuovo ospedale, no al derby tra Busto e Gallarate. Rischiano di perdere entrambe

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Gli attuali nosocomi di Busto Arsizio e Gallarate

di Gigi Farioli

È con soddisfazione che constato l’uscita dal cono d’ombra in cui era negli ultimi anni miseramente caduto, del dibattito sul tema della sanità e con esso del presente e del futuro dell’ospedale di Busto Arsizio. Maggiori preoccupazioni mi destano il tono e le modalità con cui un investimento dalle indubbie caratteristiche sovracomunali e d’area sia spesso affrontato da interventi sui social e, ancor di più, le considerazioni che paiono emergere dalla riunione del 1° luglio a Gallarate.
caliendo taldone farioli accamÈ forse solo il caso di ricordare che il sogno, il desiderio, la necessità e l’opportunità di dotare Busto e l’area di un ospedale di nuova generazione risale all’inizio di questo secolo. Dopo, e in contemporanea, con gli importanti investimenti statali programmati e realizzati a Legnano e Varese. Un progetto, quello del nuovo ospedale, che non nasce calato dall’alto per decisione di chissà quali oscuri poteri, ma come conseguenza di una consapevole battaglia compiuta dal basso alla vigilia dell’approvazione della legge regionale 23 sugli assetti sanitari. Fu allora che, a fronte di un testo di legge che uscì dalla giunta e dalla commissione sanità prevedendo due ASST che separavano Busto e Gallarate, accorpando l’ex azienda di Gallarate a Varese, partì per iniziativa del sottoscritto, allora sindaco di Busto, ma con il supporto ampio e condiviso di medici, associazioni e dell’intero arco consiliare in perfetto stile bipartisan, una proposta emendativa al consiglio regionale per riaccorpare in un’unica ASST Gallarate e Busto. Iniziativa alla quale, al di là di ogni miope e sterile campanilismo, si unirono gli amministratori di Gallarate e i medici ospedalieri del presidio gallaratese, consci della posta in gioco.
È questo spirito, lungimirante ed insieme consapevole della necessaria sovracomunalità di un’iniziativa di questo spessore, che temo si sia progressivamente perduto in questo frangente del dibattito politico-istituzionale. È indispensabile che una prospettiva del genere, essenziale per il non declino dell’offerta d’eccellenza del territorio, venga governata con il consapevole protagonismo delle comunità locali attraverso le loro amministrazioni. È fuor di dubbio che debba essere ripreso in vista della riunione con i vertici del welfare regionale questo spirito e questo comune obiettivo, così come debbano essere contestualmente valutate, programmate e possibilmente definite, con indirizzi anche dal basso, le riprogrammazioni delle aree e degli edifici esistenti sia di Gallarate che di Busto. Garantendo efficienza e sostenibilità alle strutture e ai servizi esistenti sino alla nascita del nuovo ospedale.
È per questo che mi suona un po’ pericoloso l’evocare un anacronistico derby Busto-Gallarate, quasi che Busto ne possa trarre tutti i vantaggi e Gallarate sia costretta a rivendicare chissà quali garanzie. Il percorso e il progetto sono e devono essere necessariamente sovracomunali: se non erro, pur non avendo visto io sinora alcun progetto neanche di prefattibilità, fu istituita una cabina di regia in regione con costanti riunioni fino a fine 2019 e abbozzato un accordo di programma che, a mio avviso, deve raccogliere sin d’ora le indicazioni non solo di impatto urbanistico, viabilistico, compensativo, ambientale, ma anche le indicazioni a cui facevo precedentemente riferimento. Ci sono sicuramente colpe ed omissioni, che in questa sede non mi interessa identificare, su uno stop eccessivamente lungo. Ma è pericoloso immaginare che, in periodo pre-elettorale, si preferisca procrastinare alcuni impegni piuttosto che affrontarli con la continuità e serenità dovute.
Alcune delle argomentazioni che leggo a supporto del rinvio sono semmai tesi che dovrebbero invitare a dare da subito segnali condivisi in ottica sovracomunale e partecipata. La nuova legge regionale, che dovrà prevedere come annunciato dalla vicepresidente Moratti un’accelerazione sulle case di comunità, sulla medicina territoriale, sui presidi di prossimità, offre elementi semmai per meglio identificare le ridestinazioni delle aree esistenti. Il rischio è che invece, dovendo la legge affrontare una probabile rimodulazione delle ASST, si possa obbedire alla facile tentazione – che in alcuni corridoi del consiglio regionale sta emergendo, di approfittare della necessità di accorpare il presidio di Saronno con l’area comasca o brianzola e della non convinta adesione del territorio all’ipotesi di un nuovo ospedale – verso un ritorno ad accorpamenti che, magari separandole, costringessero nel futuro Busto e Gallarate a perdere un’opportunità storica. Ciò le porterebbe a un esito quasi inesorabile di realtà ancillari e poliambulatoriali di Legnano o Varese. Inoltre l’avvio del PNRR e la necessità di riformulare da parte di Regione Lombardia il piano di investimenti sanitari necessita nel più breve tempo possibile da Busto, Gallarate ed area il segnale di un interesse convinto a continuare questo percorso. Non a scatola chiusa, non calato dall’alto, ma con un accordo di programma che da subito coinvolga comunità ed amministrazioni. Non è un mistero tra l’altro che molte realtà lombarde si stiano muovendo per richiedere investimenti copiosi da inserire nel PNRR. Basti citare, senza strumentali interpretazioni, Cremona e Brescia.
Il mio, quindi, è un invito a riflettere e insieme a far sì che l’incontro del 7 luglio sia foriero di questa volontà, di questo approccio, che non può trasformarsi in derby tra vantaggi e svantaggi ma che aiuti tutti insieme consapevoli a mirare verso comuni obiettivi. Questo fu lo spirito del 2015 che costrinse di fatto Regione Lombardia a prevedere il significativo finanziamento di cui si parla, immediatamente dopo la Legge 23. Questo può, e deve, essere lo spirito, possibilmente bipartisan, sicuramente sovracomunale, che deve animare il comune cammino anche oggi. Nell’incontro del 7 luglio e soprattutto da allora in poi.

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