Ospedale di Gallarate: «Mia moglie anziana dimessa col femore rotto»

gallarate pronto soccorso

GALLARATE – «La gente deve sapere». Adelio Bossi, cittadino di Crenna, comincia così a raccontare l’esperienza – anzi «il dramma», dice – vissuto da sua moglie Graziella lo scorso luglio al Pronto soccorso di Gallarate. Dopo una caduta da una scala, la signora di 74 anni è stata accompagnata nel reparto delle urgenze, da cui è stata congedata qualche ora dopo. «Ci hanno detto che non aveva niente», ricorda Bossi. Ma il dolore non passava. Circa tre giorni dopo è tornata al Pronto soccorso. E questa volta le visite hanno portato a un esito diverso: frattura scomposta al femore. «Potevano esserci conseguenze peggiori».

L’incidente

Sono circa le 17.30 del 9 luglio, la signora cade da una scala a pioli in giardino. «Abbiamo chiamato l’ambulanza e gli operatori si sono subito accorti della gravità della situazione. Quindi l’hanno stabilizzata e l’hanno trasportata in Ps per i controlli», spiega il marito. Il dolore era percepito sul fianco sinistro, ricorda invece la signora, complici anche un taglio sul gomito e una piccola abrasione sul ginocchio: «Ma sapevo che qualcosa non andava». Tuttavia l’esito dell’ospedale lasciava ben sperare. «La sera, non avendo aggiornamenti, sono andato personalmente a chiedere spiegazioni», prosegue Bossi. «Mi hanno detto che non c’era nulla di cui preoccuparsi». Quindi, il ritorno a casa.

Il ritorno al Pronto soccorso

«Per i tre giorni successivi, mia moglie si è lamentata del forte dolore», continua Bossi. «Io cercavo di aiutarla come potevo, alzandola di peso se necessario. Al punto da avere anche problemi alla schiena». Ha pur sempre 81 anni, il signor Bossi. Il supporto delle due nipoti piccole non è stato sufficiente. Mentre la figlia, che vive in Norvegia, nel frattempo è salita in auto e ha intrapreso un viaggio di due giorni per attraversare l’Europa e raggiungere la madre. Insomma, «abbiamo fatto fatica». L’unica soluzione è stata chiamare nuovamente l’ambulanza, che il 13 luglio ha riaccompagnato la signora in Pronto soccorso. Differente l’esito. I documenti recitano testualmente “frattura lievemente scomposta sottocapitata femorale sinistra”. A cui si aggiunge una “verosimile frattura all’ottava costa“.

Niente vie legali

Operata, la signora Bossi ha affrontato un periodo di riabilitazione a Somma Lombardo, che è durato circa un mese prima di tornare a casa. Ora cosa succederà? Di fatto, nulla. «Non vogliamo cominciare una battaglia legale, sarebbe solo fatica sprecata», dice la coppia. E un motivo c’è. La famiglia Bossi ha affrontato, per una vita intera, una causa giudiziaria a difesa del figlio disabile. Un investimento faticoso in soldi e tempo. «Non è il caso di affrontarne un’altra. Ora è andata bene, ma non può accadere una cosa del genere».

La posizione dell’ospedale

Di contro, interviene direttamente l’ospedale. Le parole del direttore medico del presidio di Gallarate, Roberto Gelmi: «Ammetto il ritardo di diagnosi determinato dalla scarsa sintomatologia riferita dalla paziente», dice. «Motivo per i quali ci si è concentrati sulle indagini verso altri distretti anatomici, che non hanno rilevato fatti acuti. E che quindi non necessitavano di un ricovero». La paziente di conseguenza «è stata dimessa, con l’invito a ripresentarsi qualora la sintomatologia non fosse regredita». La diagnosi di frattura al femore «è stata congruamente trattata». E aggiunge: «Il ritardo, disdicevole, non ha comunque determinato incongruenze nel trattamento e nella prognosi successiva alla frattura». Il medico che ha visitato la signora la prima volta «è stato sentito e richiamato a una più puntuale attenzione, pur sapendo che il Pronto soccorso – nel momento dei primi fatti – era congestionato di pazienti». Conclude così: «Pur dispiacendoci di quanto accaduto, la direzione tiene sempre presente ogni segnalazione al fine di un miglioramento del servizio erogato, che deve sempre tener presente la centralità del paziente».

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