La crisi della politica e le elezioni: hanno perso tutti

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di Luigi Patrini

Il sistema politico nazionale è profondamente in crisi. A confermarlo è un dato incontrovertibile che si ripete da tempo: il fatto che continui ad aumentare il numero di cittadini che disertano elezioni che appaiono loro sempre meno utili per un vero rinnovamento della politica. Ora si trattava di elezioni amministrative e questo avrebbe dovuto stimolare ancora di più il desiderio di esprimere la propria preferenza per programmi e candidati destinati ad influire sulle realtà comunali, quelle in cui i cittadini vivono direttamente, esprimendo desideri, esigenze e richieste che li coinvolgono personalmente ed in modo diretto.

Il perpetuarsi dell’astensionismo ci permette di dire, purtroppo, che nessuno, ma proprio nessuno, ha davvero vinto. Qualche sindaco, anche nella nostra provincia, è passato al primo turno, ma raccogliendo un consenso di poco superiore alla metà dei votanti, sicché si può dire che è stato scelto da un quarto circa degli aventi diritto. Per carità: ha vinto, certamente; ma con il 25% circa dei consensi, il che vuol dire che il 75% degli elettori di quella città lo ha bocciato, perché ha votato un altro candidato, o non si è neppure recato a votare! Certo è meglio vincere anche con un quarto solo di consensi, piuttosto che perdere! Ma – diciamocelo con franchezza – che autorevolezza può avere uno che ha ottenuto solo un quarto dei consensi possibili?

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Luigi Patrini

Credo perciò che sia giusto constatare – come ha fatto un quotidiano nazionale – che è certo che le vittorie della sinistra al primo turno (Milano, Napoli, Bologna) o al secondo (Roma e Torino) sono state 5 a 1 (a Trieste ha vinto il centro-destra) nei 6 centri maggiori dove si rinnovavano le Amministrazioni Comunali, ma sono state vittorie “vere”, ma “stanche”. Simpatico il titolo di apertura di quel quotidiano: “Cappottino rosso”. E’ vero: Letta gongola per aver vinto ed ha vinto, ma non ha fatto “cappotto”, ma solo “cappottino”. Per altro quasi ovunque è stato così: chi ha vinto ha vinto per poco e, sommando i voti a lui contrari con quelli mancanti degli astenuti, credo che per tutti – salvo forse qualche rara eccezione – sono stati più i voti sfavorevoli che quelli a suo sostegno. Chi ha vinto, insomma, ha vinto non per merito suo, ma per il demerito degli avversari!

Questo è un bruttissimo segno per la politica e per la democrazia così come si è andata configurando nell’età moderna: per la politica, perché appare sempre più incapace di proposte accattivanti ed attraenti, gestita com’è da una classe politica sempre più scalcagnata, approssimativa e autoreferenziale, incline ad essere insostituibile e attraente per lo più per persone prive di vere capacità professionali. Ci rimette anche la democrazia, che sempre più mostra come, per il suo corretto funzionamento, abbia bisogno del contributo di tutti e della partecipazione generale e convinta da parte di cittadini che, mentre rivendicano legittimi diritti, dovrebbero essere tutti animati da una profonda passione per il bene comune, cioè per il bene di tutte le persone della comunità e della persona nella sua integralità.

La crisi odierna della politica e della democrazia sta proprio in questa ultima considerazione, perché la vera causa della crisi è, così mi sembra, antropologica. Per questo invito tutti a riflettere sul cosiddetto “bene comune”. Tutti i partiti e tutti i politici ce l’hanno come obiettivo il “bene comune”, e magari lo scrivono anche con la maiuscola! La Dottrina sociale della Chiesa ce ne dà varie definizioni, ma ce n’è una, molto sintetica che efficacemente le comprende tutte, quella che definisce il bene comune, come “il bene di tutto l’uomo e di tutti gli uomini”. Proprio per questo è una questione antropologica: se ci dimentichiamo che l’uomo non è solo materia, ma è anche spirito, anima, razionalità, affettività e sentimenti, ci perdiamo il meglio e la politica perde la sua grandezza e il suo fascino, quel fascino che portava Pio XI e Paolo VI a definirla come una “forma alta della carità cristiana”.

Se chi si dedica alla politica non lo capisce e non si lascia “commuovere” da questa considerazione, finirà con il guardarsi sempre il suo ombelico e la situazione peggiorerà sempre più. La politica deve motivare tutti ad operare in sinergia per migliorare la situazione, perciò la politica deve essere mite, non proporsi come una fede totalizzante e unilaterale, deve favorire il dialogo, aiutare tutti e ciascuno a dare il meglio di sé, creando un clima di amicizia e non di contrapposizione.

Qualcosa comincia a muoversi. Il fatto positivo di questo periodo è forse proprio la percezione che si avverte sempre più nettamente il bisogno di questo sguardo aperto, nuovo, capace di alzarsi sul futuro e di non immiserirsi nella gestione dell’esistente; è l’utopia il vero motore della storia; un’utopia che non è sogno o fantasia, ma capacità di vedere la realtà come è. I politici ci ridiano una legge elettorale “buona”, ripristino la possibilità di esprimere preferenze vere e plurime, ridimensionino i loro privilegi e si assumano la responsabilità di aiutare tutti ad essere più liberi, cioè più responsabili del vero bene comune.

Draghi non ha “sospeso” la politica, le ha dato un po’ di respiro e di tregua, per dare il tempo ai professionisti della politica di resettare il sistema. I partiti si affrettino a rinnovarsi, a darsi una seria prospettiva europeista, perché fuori dall’Europa non c’è che il baratro e lo scontro tra gli Stati, come avvenne nei secoli scorsi. Gli Stati nazionali stanno andando verso la loro fine: sono “creature” che hanno una storia che prima o poi finisce. Sono finiti Stati che credevamo eterni, come l’URSS, la Yugoslavia, altri sono soggetti a forti tensioni interne; tutto è in movimento. Occorre prepararsi a tempi nuovi, tempi che potranno essere migliori o peggiori. Come saranno dipende da ciascuno di noi. La politica ha la grande responsabilità di aiutarci a non chiudere gli occhi sul futuro. Centro-destra e centro-sinistra avviino cantieri di lavoro e si impegnino in un grande progetto culturale: il tempo a disposizione non è infinito!

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