Prima crepa nel melonismo

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Alessandra Todde e Paolo Truzzu, battaglia elettorale in Sardegna all'ultima scheda

di Massimo Lodi

Il governo non subirà danni. Ma il destracentro sì. La vittoria -sia pure di corto muso- d’Alessandra Todde in Sardegna incrina il melonismo in auge. Giocava soprattutto la premier, ha perso soprattutto lei. Sua la scelta del candidato, sua la faccia sui manifesti, sua l’egemonia su Salvini/Tajani. Specialmente su Salvini. Dunque la sconfitta se la prende, incarta e porta a casa. È il primo grand’inciampo dal settembre ’22, e più che ridar fiato agli avversari esterni, ne restituisce a quelli interni. Si prevedono ostacoli sui percorsi di premierato, autonomia differenziata, terzo mandato ai governatori eccetera. Tenuta a lungo abbassata, il Capitano rialza la testa. Il ko di Giorgia è l’ok di Matteo. L’ok a riprendere con forza la ricerca di consensi sul versante radicale del conservatorismo. Prossimo test le regionali d’Abruzzo (10 marzo), seguiranno le europee (8/9 giugno) più altre amministrative. Dalle europee in particolare emergerà con nettezza la scala gerarchica del favore di cui godono i leader che condividono Chigi, ma si dividono sul resto.

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Massimo Lodi

L’opposizione, dopo tanta apnea, respira. Respira Schlein, respira Conte. Avrebbero potuto respirare Calenda-Renzi, accettando un fronte unito nell’isola. La lezione verrà messa a frutto in Abruzzo. Il campo vincitore non è largo, ma ben diverso che stretto. Sancisce (1) il primo successo di Schlein da quand’è segretaria, le permette di sopire il dissenso interno, la spinge verso l’unico possibile obiettivo per contrastare Meloni: stringere l’alleanza con tutti quelli che ci stanno. Sancisce (2) ancor di più il successo di Conte, dato che la candidata era una Cinquestelle; e dato che la vittoria fa dell’ex premier il punto più avanzato dell’intesa col Pd. Si ripropone quanto pareva archiviato per sempre, ovvero l’idea di Zingaretti al tempo in cui fu segretario dei Dem: se un federatore a sinistra ci può essere, si chiama Conte.

Tesi indigesta all’area moderata/riformista del Pd. Ma tesi (estrema) senz’alternative, se si vuole contendere col melonismo. A una destra che non perde occasione di mostrare gli eccessi del profilo identitario, che cosa contrappore se non una sinistra d’analoga sagomatura? Del resto, molte battaglie dell’M5S di Conte sono le battaglie del Pd di Schlein. Quanto al ruolo di chi “dà le carte”, indurrebbe a ripensarlo solo un verdetto europeo che marcasse tra i due una differenza netta a favore di lei anziché di lui. Oggi se lo conquista Conte, domani proverà a conquistarselo Schlein. Preservando lo spirito unitario? Ah, saperlo. Strutturare una coalizione è lavoro da gente alla Prodi: una straordinaria impresa. Urgono ideali, programma, leader condivisi.

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