Regionali, l’obiettivo di Lega e Forza Italia: arginare i Fratelli

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Con la chiusura della campagna elettorale, siamo al dunque. Domenica e lunedì si vota per le Regionali, e sale la tensione. I candidati e le loro squadre di supporto esprimono il massimo del nervosismo, tanto che ci contestano persino gli articoli a loro favore: le virgole e gli accenti, secondo alcuni, potrebbero rivelarsi decisivi. Un po’ ci viene da ridere davanti a politici che battibeccano l’un l’altro, tutti o quasi convinti di essere invincibili. Si considerano scafati ma, vivaddio, sembrano ragazzini in attesa dei tabelloni con i risultati scolastici (ah, i marpionacci della Prima Repubblica…). Eppure, in ampia parte le somme definitive dello scrutinio di lunedì pomeriggio rispecchieranno, quanto meno fino a prova contraria, i sondaggi degli ultimi giorni, che non si possono rendere pubblici per via di una norma che lo impedisce a ridosso delle urne, ma che non impedisce, ad esempio, che vengano diffusi sui social. Roba all’italiana, così per dire.

Chiuso il cazzeggio iniziale proviamo ad addentrarci in questioni più concrete e, se non concrete, speriamo più interessanti. Che in Lombardia il centrodestra sia dato in vantaggio lo sanno tutti ma lo diciamo sottovoce, in modo che non ci senta qualche ilota zelante nascosto nelle segreterie politiche, pronto a farci la tirata. E nel centrodestra, la partita è tra Fratelli d’Italia da una parte e Lega e Forza Italia dall’altra. Si sostiene che queste ultime due formazioni provino a fare sponda per frenare lo strapotere della Meloni e dei suoi seguaci, strapotere che se dovesse reiterarsi anche in sede regionale dopo le politiche, sconvolgerebbe gli equilibri a Palazzo Lombardia. In quel caso, il presidente leghista finirebbe assediato da una folta pattuglia di assessori dei Fratelli, che avrebbero già prenotato la delega più succulenta: la sanità.

Forzisti e leghisti si sono dati un obiettivo: perdere il meno possibile. Un traguardo che, alla luce dell’aria che tira, appare difficile, anche se non impossibile. Siamo in Lombardia, regione dove sono nate sia la Lega sia Forza Italia, terreno sulla carta meno ostico per Berlusca e Salvini, ora reso accidentato dai rovesci degli ultimi anni e, soprattutto, dall’avanzata impetuosa della Meloni in sede romana. Appunto, la Meloni. Il test elettorale lombardo, a cui si accompagna quello del Lazio, dove si vota domenica e lunedì, ha valore nazionale, non in esclusiva locale. Cinque anni fa, Fratelli d’Italia raggiunse a malapena il 3,6 per cento, percentuale moltiplicata per sette e un pezzettino alle politiche di settembre: 27,6 per cento. Scenario da far impallidire gli alleati, tutti in forte diminuzione (la Lega è passata dal 43,4 per cento delle Europee del ’19 al 14 per cento delle politiche 2022). Se i risultati dovessero allinearsi al dato nazionale, significherebbe la conferma dell’azione politica del Governo e un balzo nella considerazione dei lombardi per Fratelli d’Italia. Che, a quel punto, avrebbero saldamente in mano il boccino.

Poi ci sono le variabili, costituite dal pericolo dell’assenteismo e dal Terzo Polo. Destinato, quest’ultimo e secondo gli osservatori, a condizionare il flusso dei voti in possibile o probabile uscita dal centrodestra. I terzopolisti sono ottimisti in scia ai mal di pancia di leghisti e berlusconiani: da capire se in cabina vincerà lo scontento o, invece, il senso di appartenenza di un elettorato che, in Lombardia, da quasi 30 anni vota in una sola direzione, verso destra o, se volete, verso destra centro. Per arrivare, infine, a Partito democratico e Cinque Stelle, uniti in una coalizione giallorossa che ripercorre i cromatismi del governo Conte 2. Quanto raccoglieranno? Chi la sa lunga afferma che passeranno di parecchi punti il Terzo Polo. La gara è però apertissima, tanto che persino i sondaggi sono contradditori. Staremo a vedere, anche se i rapporti di forza a livello generale sembrano già scritti. Ma in politica, mai dire mai. Nonostante le abitudini di una Regione che sta bene dove sta, prima con Formigoni, poi con Maroni e, infine, con Fontana. Nonostante tutto.

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