Ricorso camici, per i Pm Fontana agì «per interessi privati». Ma lui: «Sono sereno»

MILANO – La Procura di Milano ha depositato in Corte d’Appello il ricorso contro il proscioglimento del presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana e degli altri imputati, accusati di frode in pubbliche forniture nella vicenda dei camici della Dama Spa, la società di Andrea Dini, cognato del governatore. «Ha anteposto interessi privati, e la salvaguardia dell’immagine politica, all’interesse pubblico» secondo il ricorso di 33 pagine presentato dai Pm Paolo Filippini e Carlo Scalas e dal procuratore aggiunto Maurizio Romanelli.

Il ricorso

«Del tutto errata, in fatto e in diritto» la sentenza del Gup Chiara Valori, secondo quanto scrivono i magistrati della Procura di Milano nel ricorso. Convinti di aver «dimostrato al di là di ogni ragionevole dubbio, il grave inadempimento, accompagnato dalle componenti di frode» nella pubblica fornitura. Fatto che avrebbe costretto «25mila medici, infermieri e operatori sanitari» a lavorare «senza dispositivi di protezione», per la mancata consegna dei camici della Dama Spa.

«Interesse pubblico posposto a quelli privati»

L’obiettivo della presunta frode, per i Pm di Milano, sarebbe stato di tutelare «gli interessi personali del Governatore e quelli economici della Dama Spa riferibile alla moglie e al cognato», ma non l’interesse pubblico alla «completa e tempestiva esecuzione della fornitura». Tra l’altro, secondo la Procura, Attilio Fontana «era pienamente consapevole del contratto» da oltre mezzo milione di euro siglato tra Dama e Aria, poi tramutato in donazione.

La reazione del governatore

«Non sono assolutamente sorpreso, va benissimo e non ci sono problemi. Come ero sereno prima, sono sereno adesso». Lo ha dichiarato ai giornalisti, intercettato a margine dell’inaugurazione della Design Week del Salone del Mobile, il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, commentando il ricorso depositato dalla Procura di Milano contro il suo proscioglimento sulla vicenda dei camici. «Qualcuno deciderà, sono nelle mani di chi deciderà – le parole del governatore Fontana – consapevole di quello che ho fatto e delle motivazioni della sentenza di primo grado che mi hanno confermato della bontà di quello che ho sempre pensato».

«I Pm puntano all’abuso d’ufficio»

I legali del presidente della Lombardia, Jacopo Pensa e Federico Papa, parlano invece di «un’impugnazione che non fa che complicare e rendere cervellotica una storia semplice». Per gli avvocati, «il giudice dell’udienza preliminare aveva colto la vicenda nel suo significato più vero escludendo qualsiasi forma di inganno e di frode. Ci auguriamo che la Corte d’Appello di Milano non si lasci trascinare nella complicata ricostruzione offerta dai Pm che costituisce un nuovo film con un finale a sorpresa: se non c’è la frode ci sarà almeno un abuso d’ufficio, che non si nega a nessuno».

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