Schlein – Bonaccini: a Varese il Pd si divide in due. Ma nessuno lo vuole spaccare

VARESE – Clamoroso alle primarie del PD: a Varese città, dov’è concentrata tutta la filiera amministrativa a sostegno di Stefano Bonaccini, vince Elly Schlein con 67 voti contro i 61 incassati dal presidente della Regione Emilia Romagna. Vero è che sul resto della provincia il candidato con i Ray-Ban da vista recupera terreno e, in attesa ancora del voto di città come Gallarate e Saronno, chiude in testa.

Chi sta con Bonaccini

Per capire quanto il dato varesino sia clamoroso proviamo a spiegarlo in un altro modo. Ovvero: il giorno prima delle primarie (sabato 5 febbraio) al Santuccio c’era proprio Bonaccini e i sostenitori varesini. In ordine: Alessandro Alfieri, senatore e membro del coordinamento nazionale del presidente dell’Emilia; il sindaco Davide Galimberti, gli assessori comunali Roberto Molinari e Andrea Civati (che è anche il referente provinciale del Comitato), i consiglieri a Palazzo Estense: Giacomo Fisco (Capogruppo); Matteo Capriolo, Domenico Marasciulo, Manuela Lozza, Michele Di Toro, Luca Battistella, oltre al segretario cittadino Luca Carignola. In una parola, al Santuccio c’era il partito, anzi la punta di diamante dei dem di tutta la provincia, quella per intenderci che da sette anni governa una città che non si può certo dire “di sinistra”. Eppure qui, alle pendici del Sacro Monte, a vincere è stato il Pd più radicale, quello che ha riempito Sala Montanari per ascoltare il Verbo di Elly Schlein.

Come mai? La prima risposta è molto semplice: alle primarie non votano solo gli amministratori, ma anche i militanti. E tra questi anche coloro che hanno votato alle primarie pur non avendo alle spalle una lunga storia di militanza nel partito, e con un dna politico più “movimentista”. Non è un caso, infatti, che la spiegazione più chiara in tal senso, che ben fa capire come si è mosso il voto della base, arrivi proprio dagli esponenti della mozione Schlein: «Chi ha scelto Elly – dicono – non ha dubbi su chi votare alle amministrative. Ma alle primarie non si vota per sindaco e consiglieri, si vota dare una direzione al partito. E chi ha puntato sulla Schlein ha detto in maniera chiara che vuole un PD più radicale e identitario».

Tra innovazione e conservazione

Risposta esaustiva? Mica tanto. Perché la narrazione della sfida vuole Bonaccini come l’uomo della “conservazione” e la Schlein come portatrice di un vento nuovo in un partito che, e qui sono in molti a essere d’accordo al di là della mozione di appartenenza, è alla ricerca di una direzione, di una posizione politica, di una ricollocazione più solida dopo anni di alleanze fluide. La Schlein è infatti considerata “il nuovo”, anzi, meglio ancora, il segretario che restituirà al PD la “smarrita” radicalità. La Schlein parla al cuore di chi sta a sinistra e fatica a riconoscersi nelle politiche di partito degli ultimi anni.
Bonaccini è invece percepito come il segretario della continuità. Poco importa se, in ogni sua tappa congressuale, continua a ribadire che il primo atto da segretario sarà quello di cambiare l’intera classe dirigente. Alla base, quella che sta dalla parte della Schlein, poco interessa se l’attuale apparato verrà sostituito con la classe dirigente degli amministratori locali. Loro chiedono risposte nette a tematiche rispetto alle quali il PD ha sempre giocato sul filo del rasoio.

Nuova e vecchia guardia

Altro dato che non emerge dall’urna, ma che può aiutare a completare la fotografia dei dem, è quello dei sostenitori della due mozioni. Della proposta Bonaccini abbiamo già snocciolato i nomi. In quota Schlein, invece, si possono ascrivere la maggioranza dei Giovani democratici (a Varese città il conto dovrebbe essere 9 a 5 per Elly), tra questi il nuovo segretario provinciale votato all’unanimità Michelangelo Moffa, il segretario cittadino RiccardoTomaiuoli, Cecilia Carangi, Giulia Mazzitelli, consigliere comunale, oltre all’assessore Rossella Dimaggio e la referente del Comitato provinciale “Parte da noi” Helin Yildiz (anch’essa in consiglio comunale a Varese). E ancora, i pilastri che per anni hanno retto il partito nella Città Giardino (e non solo): Daniele Marantelli, ex parlamentare; Fabrizio Mirabelli (ex consigliere comunale).

Quanti Pd ci sono?

Due. I militanti più attenti lo sanno: «Vogliamo un PD più radicale, capace di dare risposte chiare. Negli ultimi anni siamo stati al governo ma solo per le alleanze strette in alto. E’ venuto il momento di dare voce alla base, che le idee le ha chiare». Questo dicono in sostanza i sostenitori della Schlein. Dall’altra parte: «Vogliamo un PD a vocazione maggioritaria, poiché avere un partito che punta tutto sull’identità ma “si stampa” al 12% dei consensi significa comunque restare ai margini». Posizioni differenti foriere di spaccatura? «Scissione vade retro», affermano tutti con forza, anche a Varese dove davvero i dem sono divisi sul congresso. «Il PD è uno. Semmai ci saranno più anime e vanno tenute insieme». Ed è forse proprio questa la prima sfida da vincere per il futuro segretario. Per non buttare via, qui a Varese, quanto i dem hanno iniziato a costruire da quando hanno sovvertito l’ordine amministrativo che a lungo a guidato la città.