Morti in corsia, lo specialista di cure palliative scagiona Cazzaniga

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BUSTO ARSIZIO – «Senza i farmaci somministrati da Leonardo Cazzaniga ci sarebbe stata certamente la morte dei pazienti e in alcuni casi la morte sarebbe potuta essere anche particolarmente atroce». Sui decessi in corsia, il consulente di parte dell’azienda sanitaria, responsabile civile nel procedimento contro l’ex viceprimario del pronto soccorso di Saronno, ha scagionato Leonardo Cazzaniga.

L’analisi delle cartelle cliniche

Il consulente Gianpaolo Fortini, medico specializzato in anestesia e terapia del dolore, responsabile del reparto di cure palliative di Varese, ha analizzato le singole cartelle cliniche dei malati al momento del loro accesso in pronto soccorso a Saronno sulla base di alcuni indicatori di valutazione dei bisogni di cure palliative. «Su undici casi analizzati – ha spiegato oggi 29 marzo in aula Fortini – sei erano oncologici. Solo la signora Virginia Moneta non presentava elementi per cui era ipotizzabile la presa in carico della rete locale delle cure palliative. Otto erano allettati. Tutti avevano un decadimento dello stato di coscienza». Per tutti i casi analizzati il consulente ha stabilito che a suo avviso non ci sarebbe stata alcuna correlazione tra il trattamento terapeutico adottato dal Cazzaniga e il loro decesso. Per lo specialista di parte, quindi, il mix di farmaci somministrato dall’imputato, che sta rispondendo in aula di 15 omicidi volontari, nessuno dei pazienti avrebbe perso la vita a causa della sua terapia.

Undici casi analizzati

«Per Pierfrancesco Ferrazzi – ha spiegato Fortini – il paziente arriva al pronto soccorso che sta morendo. Per Luigia Lattuada i tremori erano un forte indicatore che suggerisce una morte imminente. I farmaci avevano ragione di essere utilizzati: la paziente non è morta per il trattamento adottato. Mario Volontè – ha specificato il consulente – aveva un tumore avanzato al colon. Era stato trascinato a braccia. Privo di capacità di autonomia con un grave decadimento cognitivo. Non c’è nesso tra il suo decesso e l’uso dei farmaci ai quali era stato sottoposto. Angelo Lauria aveva un tumore molto aggressivo. Anche in questo caso la morte del paziente non è stata determinata dalle prescrizioni effettuate dal Cazzaniga». Anche per Virginia Moneta, l’unico caso in cui gli indicatori non avrebbero fatto scattare la segnalazione alla rete delle cure palliative, la situazione è identica agli altri pazienti in esame: «Paziente oncologico, 91 anni. Aveva problemi respiratori, insufficienza renale. Una situazione di emergenza da paragonare a un grave incidente stradale con grave sfacelo di organi. E’ un caso avulso dagli altri, ma anche qui non riesco a trovare un nesso di causalità tra il decesso e la somministrazione di farmaci avvenuta in pronto soccorso». Così anche per gli altri casi “incriminati”, Giacomo Borghi, Antonino Isgrò e Pancrazio Vergani. Per tutti i casi analizzati la risposta del consulente è sempre stata la stessa: «Senza i farmaci somministrati da Leonardo Cazzaniga – ha concluso – ci sarebbe stata certamente la morte dei pazienti e in alcuni casi la morte sarebbe potuta essere anche particolarmente atroce».

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