SUMIRAGO – «Attendiamo la maggioranza alla prova dei fatti»: è questo il monito lanciato da Stefano Romano, capogruppo di Meloni – Noi per Sumirago, a seguito dell’annuncio nei giorni scorsi, da parte del vicesindaco e assessore al Bilancio Mauro Croci, dell’uscita definitiva dal piano di riequilibrio che per anni ha vincolato le risorse economiche. «Ora che i conti sono in ordine, e che la questione debito è definitivamente chiusa – queste le parole del comunicato diffuso oggi, domenica 2 ottobre – non vi sono più limitazioni restrittive affinché l’amministrazione provveda a mettere in campo tutte le azioni per riportare il Comune a uno standard accettabile».
«Decisione da analizzare»
L’annuncio della chiusura anticipata del piano di riequilibrio e l’avallo della Corte dei Conti chiudono «una situazione incresciosa che ha condannato il Comune di Sumirago a pagare un prezzo altissimo. La mancanza di investimenti e la riduzione ai minimi termini delle manutenzioni ordinarie hanno pesato enormemente sui servizi al cittadino e sul mantenimento del decoro urbano. Non di meno, in questa vicenda è da analizzare la posizione assunta dall’amministrazione, precedente e attuale, che scientemente ha deciso di anticipare la chiusura del debito di quattro anni, una decisione che esula dal piano di riequilibrio calibrato a suo tempo sulle risorse di bilancio del Comune, e che consentiva nel contempo di poter utilizzare parte degli introiti di cassa per il territorio».
«Un prezzo pagato caro»
«La decisione è stata diversa. L’iniziativa, propria degli amministratori locali, sindaco in primis, è stata di riversare tutte le risorse sul ripianamento del debito con la conseguenza di aver salvato il Comune dal dissesto finanziario, ma non dal dissesto del territorio». Meloni – Noi per Sumirago si riserva di valutare nei prossimi mesi «se la decisione di anticipare l’uscita anzitempo dal piano di riequilibrio sia stata una decisione saggia o meno, e quali siano state le ripercussioni sul territorio. Se è pur vero che il Comune di Sumirago ha dovuto essere sottoposto a misure restrittive nei capitoli di spesa, la decisione di anticipare l’uscita di quattro anni è stata una decisione autonoma, che prescinde da un programma definito di rientro del debito. Sicuramente un prezzo pagato caro dal territorio, che ha visto limitare le opere di manutenzione ordinarie».