Tigray, la guerra nascosta

Etiopia, l’ingresso delle truppe governative nella città di Makallè ha posto, per ora, la fine dei combattimenti

di Daniele Pierobon

L’ingresso delle truppe governative etiopi nella città di Makallè il 28 novembre ha posto, per ora, la fine dei combattimenti tra il TPLF – Fronte nazionale di liberazione del Tigray – e il governo presieduto dal primo ministro Abiy Ahmed, premiato con il Nobel nel 2018 per aver rettificato la pace con la vicina Eritrea, iniziati lo scorso 4 novembre. Conflitto nato da diversi fattori: motivo principale, l’esclusione dal potere del TPLF, rappresentante della maggioranza etnica tigrina, dopo 30 anni; conseguenza della  vittoria alle elezioni di Ahmed, di etnia mista Oromo e Ahmara.

Il cambio di potere e la decisione di rinviare le elezioni a causa della pandemia di Covid-19 hanno generato attriti sfociati poi in una vera e propria secessione armata della regione del Tigray. Durante il conflitto si è assistito al tentativo dei secessionisti di internazionalizzare la disputa lanciando missili contro Asmara, la capitale dell’Eritrea, anch’essa nemica di lunga data del TPLF, ma senza apparente successo.

Per ora, rassicura il primo ministro Ahmed, non ci sono rischi che il conflitto si tramuti in una guerriglia foraggiata da stati esteri sui monti tigrini, ma ancora nulla è da escludere. Una delle certezze è che sono state commesse atrocità contro la popolazione civile per cause etniche, come testimoniato dai corpi senza vita ritrovati a Mai Kadra e dai racconti di una parte degli oltre 50 mila rifugiati etiopi affollati in campi profughi improvvisati al confine sudanese.

Mentre il governo di Addis Abeba comunica la diminuzione dei combattimenti e non accetta mediazioni esterne, le Nazioni Unite continuano a esortare il governo affinché garantisca l’accesso a più convogli di assistenza umanitaria nelle aree colpite.

Il conflitto interno ha assunto rilevanza internazionale a seguito delle dispute relative alla costruzione della nuova diga sul Nilo e degli interessi economici, prevalentemente cinesi, che rendono instabile l’equilibrio di una zona già fortemente divisa.

CORNO D’AFRICA