Ustica, inutile clamore senza la verità

ustica amato verità

Nonostante le spiegazioni di Giuliano Amato del perché ha rilanciato il caso Ustica proprio ora (intervista su La Repubblica di sabato scorso), non si placano le speculazioni giornalistiche e della politica attorno a uno dei molti misteri del Belpaese. 81 morti il 27 giugno del 1980, passeggeri ed equipaggio a bordo del DC9 decollato da Bologna con destinazione Palermo. Velivolo esploso sulla verticale della piccola isola di fronte alla Sicilia. L’editoriale che l’ex premier socialista pubblica oggi, 5 settembre, sul giornale diretto da Maurizio Molinari, e la conferenza stampa convocata nel pomeriggio a Roma, offrono motivazioni che sembrano prendere le distanze da reconditi obiettivi se non uno, ineludibile, il più scontato e invocato da 43 anni: l’urgenza della verità. Alla quale tutti si appellano, ma che nessuno ha ancora esplicitato in modo esaustivo.

Ci si arriverà mai alla verità vera? Al momento ne sono disponibili diverse, dal cedimento strutturale, alla bomba, al missile. Quest’ultima è la più probabile e riconosciuta anche dalle inchieste giudiziarie: quella sera, sul mar Tirreno, era in corso una battaglia tra Mig libici, e caccia di Stati Uniti e Francia. Nel mirino c’era il leader libico Gheddafi. Un colpo sbagliato fa centro, ma sull’aereo dell’Itavia. Chi è stato? Amato propende per un errore dei francesi, al punto che arriva a chiedere le scuse all’attuale presidente Macron.

Di cedimento strutturale si parlò nell’immediatezza della tragedia, forse per confondere il quadro di riferimento. Insomma, un depistaggio, il primo dei tanti che fanno da cornice al drammatico episodio. La bomba. Tesi sostenuta, tra gli altri, dall’ex ministro varesino Giuseppe Zamberletti in un libro “La minaccia e la vendetta”, che mette in relazione la strage di Bologna del 2 agosto dello stesso anno all’abbattimento del DC9. In altri termini, una vendetta di Gheddafi per l’accordo tra l’Italia e Malta per scongiurare eventuali attentati alla neutralità della stessa Malta. Possibile?

“Chi sa parli” invoca Giuliano Amato. Chi sa però non ha mai parlato né, al momento, ci sono indizi che possa aprire bocca. Il compito di svelare che cosa accadde davvero quel 27 giugno toccherebbe agli Stati, alla Francia e agli Usa, poi all’Italia e, infine, alla Nato. Figurarsi. Palazzo Chigi e tutta la sua corte hanno subito messo le mani avanti: servono le prove. E Giuliano Amato non ne ha portate di nuove. Ha detto cose risapute, con qualche svarione di date e protagonisti (“Gheddafi fu avvisato dell’operazione in corso contro di lui da Bettino Craxi”!), dichiarazioni che hanno finito per mettere in imbarazzo il nostro governo rispetto ai francesi. Rischiando di inasprire rapporti già sufficientemente fragili. Anche per questo, Roma e Parigi sembrano optare per la strategia del silenzio.

E ora? Repubblica tiene alta l’attenzione sui depistaggi e sui misteri. Rivela che dall’archivio del Ministero dei Trasporti sarebbero spariti gli atti relativi alla stagione delle stragi, dal 1968 al 1980. “Cancellato un pezzo di storia” è il sommario del quotidiano fondato da Eugenio Scalfari. Un altro mistero nel mistero. Un’altra verità mancata, a cominciare dall’attentato di piazza Fontana a Milano (era il 1969) per arrivare a Ustica e, un paio di mesi dopo, a Bologna. Date che vengono ricordate ogni anno, com’è giusto che sia per rispetto delle vittime innocenti. Con seguito di indignazione collettiva, polemiche, polveroni politici, scambi di accuse, attribuzioni a capocchia di responsabilità, commossi discorsi, appelli alla verità (se mai, questa, interessasse davvero a qualcuno che sta in alto). Ma siccome, di verità, ce ne sono troppe per ogni attentato, non ce n’è una credibile e condivisa. Così, il giorno dopo si torna nell’indifferenza. L’intervista di Amato ha creato comprensibile clamore, non poteva essere diversamente. Scommettiamo, al massimo fino a domani.

ustica amato verità – MALPENSA24