Varese Archeofilm, indagini in profondità per conoscere storia e leggenda

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VARESELa vera origine di draghi, unicorni e chupacabra, come si comporta negli abissi un robot umanoide e che risultati ottiene l’uomo moderno se cerca di creare un abito di lino come si faceva nel Neolitico. A queste domande hanno risposto i documentari di Varese Archeofilm proiettati ieri, venerdì 3 settembre, nella prima serata ai Giardini Estensi con un approfondimento sulle filosofie che governano la Cina; perché, come ha ricordato Marco Castiglioni, organizzatore del festival, «in un mondo sempre più globalizzato la conoscenza dell’altro è sicuramente un valore».

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Un nastro trasportatore per oro

La serata è stata aperta da “Mostri e Miti”, documentario che non solo ha indagato sulle leggende di draghi e unicorni ma anche su quella, più recente, del chupacabra. Ad alimentare i racconti sui primi e sui loro tesori, oltre ai resti dei dinosauri o l’usanza medievale di identificarli con corpi celesti, è stato il legame tra fuoco e oro: il magma dei vulcani funge infatti da “nastro trasportatore” per far giungere in superficie il prezioso metallo. Si è aggiunta naturalmente l’immaginazione umana, magari con la creazione di storie spaventose per tenere lontani i curiosi da ricche miniere. Mentre la figura dell’unicorno potrebbe essere nata dall’incontro degli uomini preistorici con un animale come l’elasmoterio, più solide basi nella realtà ha il chupacabra imbalsamato custodito da Phylis Canion con il dna di un coyote e di un lupo messicano.

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Occhi da demone

I draghi sono stati presentati anche nella loro, più positiva, versione cinese: come ha raccontato la sinologa Irene Affede di Paola, dialogando con Dario Di Blasi, direttore artistico della rassegna, in Estremo Oriente sommano le qualità di ben nove animali: per esempio traendo la forza dalle zampe come quelle di una tigre. Gli occhi, rotondi, sono invece da demone: un connotato tipico, per gli abitanti dell’antica Cina, di chi proveniva da Occidente che, nel loro caso, erano i mercanti persiani, visti come predoni. La docente dell’Università dell’Insubria ha anche spiegato alcuni aspetti culturali della nazione attuale: la mancanza di una vera e propria religione, poiché Buddismo, Confucianesimo e Taoismo sono nate come filosofie etiche, e l’interesse soprattutto economico ad aprirsi al mondo, figlio di una visione che, per quanto riguarda i diritti, fa prevalere la comunità sul singolo.

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Il robot degli abissi

La serata è quindi proseguita con “Indagini in profondità – Il robot degli abissi”, che ha mostrato le potenzialità di Ocean One, automa manovrabile a distanza, creato all’Università di Stanford per avventurarsi in territori altrimenti inaccessibili: il documentario lo ha ritratto in azione in vari test tra i quali l’immersione per recuperare da un relitto un vaso a quattro anse risalente al Seicento, risultato che lascia ben sperare per una sua più ampia diffusione in futuro. A concludere le proiezioni è stato “La memoria di un filo”, esperimento sulla creazione di una veste di lino con le tecniche della preistoria: il documentario, mettendo a confronto avi e uomini moderni, ha seguito successi e insuccessi di ogni passo del procedimento, dalla semina a spaglio alla fornace accesa con pietre focaie e dalla cottura delle fusaiole fino alla tessitura.

Inizia il festival Varese Archeofilm: draghi, abissi e preistoria ai Giardini Estensi

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