Digital e green, a Varese artigiani a caccia di competenze che i giovani non hanno

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VARESE – Lo skill mismatch, cioè il divario tra le competenze richieste e quelle disponibili nel mercato del lavoro in provincia di Varese, le sfide del digitale e della transizione ecologica fino alle politiche del credito sono stati i temi approfonditi oggi, giovedì primo aprile, da Davide Galli, presidente della sezione locale di Confartigianato, a commento della prima edizione di “Imprese, Mercato del lavoro e sfide future – Focus provincia di Varese”, analisi condotta dall’Osservatorio Mpi Confartigianato Lombardia.

Investimento sulla formazione

Nel territorio varesino convivono due fenomeni discordanti. Il primo riguarda il tasso di disoccupazione dei giovani (15-29 anni), in crescita tra 2019 e 2020 del 3,5%. Il secondo è riferito alla forte difficoltà delle Pmi nel reperire professionalità adatte ai loro bisogni, in salita di 4,5 punti percentuali nel 2020 rispetto al 2019. Sullo sfondo ci sono i numeri dell’occupazione: -645 nuove imprese registrate nel 2020 rispetto al 2021, con settori storici del tessuto economico locale in sofferenza e, in un anno, cinquemila dipendenti e quattromila lavoratori autonomi bruciati, perlopiù nei settori servizi e manifatturiero.
«Il crescente mismatch da una parte depotenzia le imprese, dato che non consente loro di compiere il salto di qualità richiesto per uscire dalla crisi e, dall’altra, penalizza l’occupazione, perché divergono domanda e offerta», ha rilevato Galli, rinviando alla necessità di un taglio della burocrazia nelle assunzioni e a un dialogo sempre più stretto tra scuola e tessuto economico, che consenta di far acquisire l’esperienza che l’imprenditore chiede. Quanto ai mestieri più ricercati, e più difficili da trovare, spiccano capacità matematiche e informatiche, competenze digitali, capacità di applicare le tecnologie 4.0 e attitudine al risparmio energetico.

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Il Piano Impresa 4.0 non ha intercettato del tutto le Pmi

Digitale ma anche Green New Deal: l’attitudine alla sostenibilità ambientale è la competenza ricercata dal 77% delle Pmi varesine ed è maggiormente richiesta dalle micro-piccole che operano nei settori utilities (energia, acqua, gas e ambiente), servizi avanzati di supporto alle imprese, industrie della gomma e delle materie plastiche, costruzioni, fabbricazione di macchinari e attrezzature dei mezzi di trasporto, industrie elettriche, elettroniche, ottiche e medicali.
Stesso discorso vale per le competenze digitali, dove si registra una crescita di 15,4 punti percentuali delle Pmi che, dall’avvio della pandemia, hanno attuato (o prevedono di attuare) investimenti a riguardo. Nel 2020 le imprese con meno di 49 dipendenti della provincia di Varese hanno richiesto abilità digitali di base a 15.380 delle entrate programmate, pari al 59,7% del totale.
«In molti casi sono investimenti che delineano strategie tipiche delle fasi iniziali della trasformazione digitale. Dimostrano quanto diciamo da anni: il Piano Impresa 4.0 non ha intercettato compiutamente le Pmi, che ora vanno accompagnate perché possano iniziare a innovare». Sul fronte della transizione ecologica/economia circolare, Galli chiede di non commettere gli stessi errori di sovrastima della base di partenza. «I soldi del Next Generation Eu arriveranno rapidamente quando si sbloccherà l’iter del Pnrr. Non possiamo non aver strategie per calarli a misura di Pmi: serve una azione che eviti che tutto vada in capo alle grosse industrie».

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Rimodulare il debito

L’altro capitolo fondamentale riguarda il credito, con i prestiti alle Pmi che, sulla spinta dei decreti “Cura Italia” e “Liquidità”, nel 2020 hanno segnato un balzo in avanti del +10,9% rispetto a 2019. Il trend è in controtendenza rispetto agli anni precedenti, sempre preceduti dal segno meno.
«Da un lato abbiamo imprese che si sono indebitate per effettuare investimenti sia in ambito green che digitale e formativo, per uscire dall’imbuto Covid rinforzate e rinnovate – ha commentato Galli – dall’altro, ci sono quelle costrette a indebitarsi per sopravvivere, aggravando bilanci già compromessi. Inoltre in questa fase molta della liquidità è rimasta nella pancia delle banche, che hanno alleggerito i loro crediti deteriorati con la controgaranzia del Mediocredito Centrale. Dobbiamo fare in modo che atterri nelle imprese: quindi sì alle garanzie pubbliche, ma con un vero monitoraggio sull’impiego».
Occorrono politiche industriali che accompagnino le aziende in difficoltà a un cambiamento anche radicale; con un sostegno pubblico nella fase transitoria, specie da quando (a giugno) andrà a chiudersi la moratoria sui debiti. La richiesta di Galli è di estendere la garanzia pubblica dei prestiti a non meno di quindici anni, che consentirebbe di diluire su un arco di tempo più lungo l’impegno finanziario delle imprese.

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