Magistrati antimafia a Varese: «Portiamo avanti il sogno di Falcone e Borsellino»

Varese magistrati antimafia

VARESEMafia, corruzione e terrorismo sono stati i temi principali affrontati questa mattina, sabato 2 ottobre, al Liceo classico Cairoli di Varese nel corso di una lezione dedicata alla legalità che ha visto la presenza di due ospiti illustri. A parlare ai ragazzi due magistrati, i procuratori Maurizio Romanelli e Giuseppe Gatti, che hanno raccontato la loro esperienza e risposto alle domande degli studenti. Gatti ha ricordato come il lavoro dei pool antimafia stia portando avanti il sogno di Falcone e Borsellino.

Corruzione e mafia

L’iniziativa è stata promossa dal dirigente scolastico Salvatore Consolo in collaborazione con Volarte Italia. I due magistrati hanno parlato ai ragazzi da una classe, mentre altri studenti seguivano l’incontro collegati in videoconferenza. A moderare il dibattito Gianmarco Airaghi, praticante avvocato. Ad aprire la mattinata il dottor Maurizio Romanelli, procuratore aggiunto a Milano dal 2012, che ha parlato della distinzione tra mafia e corruzione. «Corruzione e mafia sono due pianeti diversi – ha detto – ci può essere corruzione senza mafia: ci sono fenomeni importanti di corruzione che con la mafia non hanno niente a che vedere». Quindi ha affrontato il tema della mafia a partire dalle sue caratteristiche e dalla sua storia. «La mafia non è un’organizzazione come tutte le altre: ha una storia lunga e un radicamento territoriale importante. Questo ha fatto sì storicamente che i rapporti tra le organizzazioni criminali e le istituzioni ci sono sempre state: è la caratteristica di fondo che differenzia la mafia da altre organizzazioni criminali». Romanelli ha ricordato la stategia adottata da Cosa Nostra, in particolare nei primi anni Novanta, facendo riferimento alle stragi del 1992 e 1993. «In quegli anni la mafia ha portato quasi ad una guerra».

La lotta al terrorismo

Romanelli ha quindi affrontato il tema del terrorismo, di cui si è occupato in prima persona, parlando di episodi più recenti come gli attacchi jihadisti in Francia e negli altri paesi d’Europa. «In Italia non c’è stato un attentato importante del terrorismo islamico – ha ricordato – ma nel 2009 a Milano una persona cercò di fare una strage suicida: la sua bomba però non scoppiò come previsto». Il riferimento è al tentato attacco alla caserma di piazzale Perrucchetti da parte di un uomo di origini libiche: l’ordigno da lui costruito esplose con una bassa carica esplosiva. «Analizzando il suo computer – ha ricordato il magistrato illustrando le attività di indagine svolte in quel caso – abbiamo scoperto che tra i suoi obiettivi c’era anche lo stadio Meazza».

Varese magistrati antimafia

Le due legalità

Giuseppe Gatti ha parlato del metodo organizzativo delle mafie. «Le mafie puntano a controllare un territorio e per farlo utilizzano non il metodo democratico ma quello mafioso, che è il metodo della violenza, intimidazione e terrore che genera sulla comunità quella che viene chiamata la condizione di soggezione. Questo è un modello di legalità, le mafie sono un’organizzazione “legale” perché al loro interno sono strutturate con un sistema di regole. Una legalità che è però completamente diversa dalla nostra legalità». Gatti ha illustrato un episodio accaduto in Puglia, con una partita di calcetto sfociata in uno scontro tra i rappresentanti di due clan, per spiegare il significato dell’omertà.

Il sogno di Falcone e Borsellino

Quindi ha ricordato due nomi illustri della lotta alla mafia, per spiegare il lavoro che viene svolto oggi in Italia. «Noi non facciamo la guerra alla mafia, quello è un concetto mafioso. Noi sviluppiamo un contrasto alla mafia, non vogliamo essere contro la mafia, ma essere per, affermare i valori della legalità circolare. È con questo modello che noi stiamo portando avanti il sogno di Falcone e Borsellino, che hanno vissuto sulla loro pelle il peso della solitudine. Loro erano dei visionari, dei profeti». Infine ha illustrato ai ragazzi come è strutturato il contrasto alla criminalità organizzata. «Ci sono 26 direzioni distrettuali antimafia in tutta Italia, che fanno continuamente squadra tra di loro e con la direzione nazionale. Il modello di contrasto alle mafie è quello fondato sul noi, sul sentirsi parte di un unico grande pool».