Medici di base in sciopero. Smi Varese: «Superlavoro ma nessun riconoscimento»

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VARESE – «Ci accusano costantemente di essere fannulloni, ma non è così: noi medici di base non abbiamo nessun tipo di ristoro. Se si ammala un mio collega dell’ospedale è assicurato con l’Inail, noi invece non abbiamo nessuna tutela. E, oltre al superlavoro, non ci sono neanche ferie garantite». Come ha spiegato Giovanbattista Oliva, rappresentante per Varese di Smi, terzo sindacato in Italia per numero di iscritti, sono queste alcune ragioni dello sciopero che si terrà martedì 1 e mercoledì 2 marzo, mobilitazione nazionale indetta per protestare anche contro i mancati ammodernamenti nelle tecnologie usate e una burocrazia opprimente che ha reso più difficile la lotta al Covid.

Una categoria dimenticata

«Non sciopereremo solo per noi stessi, ma anche per i cittadini, perché vogliamo garantire loro un accesso libero, sereno, tranquillo e ragionevole. Compito della nostra categoria, che è stata tralasciata, è fare da griglia e siamo certamente in grado di riconoscere le patologie: le persone che fanno da sé vanno invece al pronto soccorso per qualsiasi motivazione. Quelli che vogliono modernizzare la sanità non sanno di che cosa stanno parlando: non ci viene riconosciuto, a fronte di una reperibilità quotidiana dalle 8 alle 20, un lavoro di sessanta ore alla settimana, con una media di cinquanta-sessanta visite al giorno, spazio di tempo in cui un mio collega ha trattato addirittura 113 pazienti. Tutto questo si può facilmente riscontrare controllando quante ore siamo collegati alla centrale Siss, il nostro servizio di sanità con Internet».

I servizi garantiti durante la protesta

«Un’ulteriore fonte di disagio, in questo periodo del Covid – ha continuato Oliva, che lavora a Cassano Magnago da trent’anni – sono state le incombenze burocratiche, che non ci spettavamo e di cui siamo stati subissati, con nessun aiuto e nessun numero che rispondesse. Mentre intanto tutte le domande arrivavano a noi, una cosa folle ed eccessiva che ha tolto tempo alle visite. Senza dimenticare che, avendo ancora l’Adsl, per stendere una ricetta elettronica se ne va un minuto e mezzo, ma Regione Lombardia non ha mai provveduto. E tutte queste Case della Salute, come dovrebbero essere, nessuno lo sa ancora. È necessario che la cittadinanza sia informata di tutto questo, quando troverà lo studio sbarrato; in ogni caso, nel tempo dello sciopero, garantiremo le visite ai pazienti urgenti e a quelli oncologici».

La manifestazione a Roma

La protesta nazionale, che mercoledì 2 marzo prevede anche una manifestazione a Roma davanti al Ministero della Salute dalle 9 alle 13, coinvolgerà i medici di famiglia, di continuità assistenziale (ex guardia medica), del 118, dei servizi e penitenziari. Per dubbi o domande è possibile contattare via e-mail l’indirizzo sciopero@sindacatomedicitaliani.it, consultare i social di Smi o il sito www.sindacatomedicitaliani.it. L’obiettivo è, si legge nella dichiarazione dell’organizzazione sindacale, «dire basta alla vergogna di Stato: il Governo non può passare indifferente sui cadaveri dei medici deceduti nell’esercizio delle loro funzioni e sul sacrificio delle loro famiglie, che si sono viste negare anche il giusto indennizzo».

Tre milioni di cittadini senza medico

Al centro delle rivendicazioni ci sono dignità professionale e personale, diritti e tutele concrete, pari opportunità e accesso alle cure per tutti. Ma anche dire basta al lavoro ventiquattr’ore su ventiquattro, a una burocrazia che danneggia medici e pazienti e alla carenza di personale nell’area convenzionata: «Abbiamo bisogno di più personale medico di assistenza primaria, continuità assistenziale, medicina dei servizi, medicina penitenziaria, della dirigenza medica ospedaliera e di personale infermieristico e amministrativo di studio: sembra impossibile, ma ad oggi sono tre milioni i cittadini senza medico». Ricordando che «la mancanza di riconoscimento ai medici di un’indennità in caso di infortunio anche grave durante lo svolgimento della loro professione è un indice di grave inciviltà per un Paese europeo».

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