Varese, processo Molina a sentenza: assolti Campiotti e Airoldi

VARESE – Processo Molina: assolti l’ex presidente della Fondazione Christian Campiotti e l’editore di Rete55 Lorenzo Airoldi. Per i due imputati il pubblico ministero Lorenzo Dalla Palma aveva chiesto condanne pesanti: rispettivamente 7 anni per Campiotti e 6 anni per Airoldi.

Tutti assolti

Di segno diametralmente opposto la sentenza pronunciata dal collegio presieduto da Andrea Crema e arrivata dopo oltre un’ora e mezza di camera di consiglio. La vicenda è nota. I fatti risalgono a quasi 7 anni fa: tra il 2015 e il 2016. Quando la Fondazione Molina sottoscrisse due prestiti obbligazionari da 450mila euro ciascuno uno a favore di Rete55 Evolution, l’altro a favore della Mata Spa. Le indagini presero l’avvio da un esposto depositato dall’ex sindaco di Varese, oggi presidente di Regione Lombardia, Attilio Fontana, all’indomani della sconfitta del centrodestra alle amministrative di Varese che videro vittorioso l’attuale primo cittadino Davide Galimberti.

Vendetta politica

Se Airoldi, difeso dall’avvocato Stefano Bruno, non ha rilasciato alcun commento dopo l’assoluzione, mentre Campiotti ha ringraziato i legali e Maria Ausiliatrice, Pietro Romano, difensore di Campiotti con la collega Sara De Micco, ha ribadito quanto già sostenuto in sede di requisitoria: «Questo processo nasce da una vendetta politica – ha detto Romano – Una punizione per lo “sgarro” di aver spostato dei voti su Galimberti dopo l’accordo con il centrodestra». Airoldi è di fatto anima e testa del movimento politico Lega Civica. «Un vendetta politica, non per volontà della procura ovviamente, che trova il suo fallimento nella sentenza di oggi. Una vendetta politica attuata dalla politica stessa – ha aggiunto Romano – Io però vorrei far notare quanto è costato questo processo. Quanto sono costati due anni di intercettazioni? Quanto sono costate le innumerevoli perquisizioni?». Il messaggio di Romano “alla politica” è chiarissimo: la vendetta la pagheranno, e anche in modo salato, i cittadini.

Fondazione privata

Il punto sul quale tutti i difensori hanno dibattuto è di fatto il cuore stesso del processo: la natura della Fondazione Molina. In sintesi: Molina ha natura privatistica, ed è quindi libera di investire i propri soldi come vuole, oppure ha natura pubblica e allora quel prestito si tradurrebbe in peculato? La risposta è chiara: Molina è ente privato che avrà anche funzione pubblica, ma la natura privatistica sancita dallo Statuto è granitica.

Da peculato ad appropriazione indebita

Tanto che lo stesso pubblico ministero, in sede di requisitoria, aveva virato sul capo di imputazione “spostandolo” dal peculato all’appropriazione indebita. Sul primo capo di imputazione, quello relativo al prestito a Rete55 (interamente restituito alla Fondazione) il collegio ha deciso per il non luogo a procedere: l’appropriazione indebita è procedibile a querela di parte. Querela mai presentata dal Molina, anche il virtù del fatto che la decisione di sottoscrivere il prestito obbligazionario era stata presa dal Cda, non dal solo Campiotti. Per il secondo capo di imputazione, contestato al solo Campiotti per il prestito a Mata spa, il tribunale ha pronunciato assoluzione perché “il fatto non costituisce reato“.

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