VISTO&RIVISTO Senza una visione non può esserci una rivoluzione

minchella bellocchio moro

di Andrea Minchella

VISTO

ESTERNO NOTTE- Parte 2, DI Marco Bellocchio (Italia- Francia 2022, 165 min.).

Questa seconda parte dell’immenso ed emozionante lavoro di Marco Bellocchio ci fornisce una lettura inedita e intimista della straziante vicenda del rapimento e dell’uccisione di Aldo Moro. Se nella prima parte l’occhio attento e penetrante dell’autore piacentino si soffermava sulla componente istituzionale e sulla sua reazione al rapimento, questo secondo capitolo si concentra sui brigatisti, sulle loro anime, e sulla famiglia di Moro. Il regista, dunque, ripercorre la folle preparazione del rapimento da parte di giovani e illusi terroristi, e la lacerante sofferenza cui Eleonora Moro e i suoi figli sono stati costretti a subire durante tutto il periodo della prigionia del marito e del padre Aldo.

Bellocchio cerca di capire perché quei ragazzi tanto arrabbiati quanto alienati abbiano deciso di sferrare un colpo così violento allo Stato. La domanda che si pone è se davvero erano consapevoli delle conseguenze che quell’atto criminale avrebbe avuto su di loro e sull’intero Paese. Bellocchio non giudica, ovviamente, ma cristallizza le farneticazioni che ingombrano prepotentemente le discussioni tra i brigatisti.

Il commando che ha rapito Aldo Moro è composto da chi ha rinunciato a tutto per un ideale, e da chi sapeva, sin dall’inizio, che nessuna vera rivoluzione sarebbe stata possibile se, alla base, mancava una visione, un’utopia, in grado di giustificare qualsiasi atto per creare lo Stato “proletario”. Lo Stato che quei terroristi immaginavano avrebbe dovuto contrapporsi all’Italia degli anni settanta, un’Italia, sempre secondo le Brigate Rosse, schiava della politica falsa e distante della Democrazia Cristiana, e non solo, e ostaggio della sempre più potente Industria che riduceva i suoi operai in schiavi da sfruttare. Ma i dubbi che si impossessano dei brigatisti Morucci e Faranda, ad esempio, ci raccontano tanto di quanto “L’Affaire Moro” sia stato controverso e complesso sin dal principio, con il massacro di via Fani, prima, e con l’epilogo violento ed oscuro di via Caetani, dopo, e di quanto quell’evento sia ancora oggi considerato uno degli eventi più cruenti e disumani che il nostro Paese sia stato costretto a vivere.

La scelta di uccidere Moro diventa una decisione scontata che pare aggrapparsi più ad una questione di orgoglio e di paura, anziché ad una reale strategia politico-sociale messa in atto da chi avrebbe dovuto trasformare l’Italia in un paese migliore. Il corto circuito che avvenne in quel freddo e claustrofobico 1978 compromise irrimediabilmente l’Italia e il suo futuro di Nazione libera, democratica e limpidamente felice. La mancanza di pietà, sia tra i terroristi che tra i politici, ha segnato per sempre la vita pubblica dell’Italia e degli italiani.

Bellocchio poi si sofferma sulle dinamiche che si sono impossessate della famiglia di Moro, a partire dalla sofferente Eleonora che mai si arrese all’idea che il marito fosse stato lasciato solo in quel covo angusto e buio. “Noretta”, qui interpretata da una commovente Margherita Buy, avverte la morte delle istituzioni e dell’apparato dello Stato ancor prima che le brigate Rosse le restituiscono il corpo di suo marito. Lei, donna semplice e a volte distante dalla grandezza dello statista e del politico Aldo Moro, non comprende come l’assenza di umanità e di pietà possano essere davvero una strategia vincente per non trattare con gli aguzzini di suo marito. Lontana dalle difficili dinamiche politiche che nella fermezza sembravano aver trovato una cifra identificativa e semplificativa, la donna forte e dignitosa che per trenta tre anni era stata al fianco del gigante Aldo Moro ora sembra perdere fiducia in tutti quegli uomini che fino a qualche ora prima del sequestro sembravano essere come fratelli di Aldo.

Anche la fiducia nella figura del Papa, per una donna religiosa come fu Eleonora Moro, fu messa in crisi proprio perché anche in quell’ambiente l’assenza di empatia nei confronti del prigioniero Moro strideva in maniera assordante. Un lavoro mastodontico, quello di Bellocchio, che non manca di commuovere con le ultime sequenze in cui Moro-Gifuni si impossessano dello schermo, e delle nostre anime, commuovendoci con le parole dolci e dure che compongono alcune delle frasi più toccanti delle ultime lettere dello statista alla famiglia.

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RIVISTO

ROMANZO DI UNA STRAGE, di Marco Tullio Giordana (Italia- Francia 2012, 129 min.).​

Anche Marco Tullio Giordana, quando racconta l’Italia più ambigua e oscura, riesce in maniera schietta e onesta a fare luce su tutte le dinamiche che avvolgono i grandi segreti di Stato che hanno martoriato questo paese. Nel suo “Romanzo di una Strage” il regista ripercorre in maniera dettagliata ed incredibilmente inedita l’amara e tragica vicenda della bomba a Piazza Fontana del 1969.

Lo spettatore assiste incredulo ad una ricostruzione onesta e sconcertante in cui lo Stato nasconde dentro di sé vittime e carnefici della stessa tragedia. Da rivedere per tenere viva la memoria su uno degli aspetti più bui della nostra Repubblica.

minchella bellocchio moro – MALPENSA24

Anche Marco Tullio Giordana, quando racconta l’Italia più ambigua e oscura, riesce in maniera schietta e onesta a fare luce su tutte le dinamiche che avvolgono i grandi segreti di Stato che hanno martoriato questo paese. Nel suo “Romanzo di una Strage” il regista ripercorre in maniera dettagliata ed incredibilmente inedita l’amara e tragica vicenda della bomba a Piazza Fontana del 1969. Lo spettatore assiste incredulo ad una ricostruzione onesta e sconcertante in cui lo Stato nasconde dentro di sé vittime e carnefici della stessa tragedia. Da rivedere per tenere viva la memoria su uno degli aspetti più bui della nostra Repubblica.