Xi Jimping, Taiwan e il superdollaro di Biden

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Xi Jimping e Joe Biden giocano la pericolosa partita per Taiwan

di Ivanoe Pellerin

Cari amici vicini e lontani, un affettuoso augurio per il Nuovo Anno che Verrà ricco di una lunga e buona strada (da buon motociclista), lontano da tristezze e inquietudini, colmo di ottimi sentimenti per tutti. Sono convinto che chi è ottimista, seppure con prudenza, vive certamente meglio di chi non lo è. Lasciamo morire senza rimpianti il 2022, un anno carico di preoccupazioni, di angosce e di sofferenza e accogliamo con simpatia il 2023. Con simpatia ma anche con avveduta cautela.

Il mondo è certamente molto agitato e le due superpotenze (la Russia a parer mio non è più nel novero) continuano a confrontarsi mostrando i muscoli, ciascuna come può. L’Ucraina è stata una sorpresa per gli USA che non si aspettavano un’incredibile capacità e volontà di resistere al desiderio imperiale di un Putin che ha mostrato l’antica arroganza sovietica. Ricordate che Biden aveva offerto a Zelensky una strategica/tragica evacuazione in Polonia, sdegnosamente rifiutata. Oso pensare che l’Ucraina con il presidente in esilio avrebbe resistito molto poco. Questo però ha consentito agli americani di coagulare un fronte NATO straordinariamente compatto e di ottenere molte alleanze in estremo oriente dal Giappone alla Corea del Sud anche se la maggioranza dei paesi asiatici, africani e l’America del Sud sono rimasti a guardare. Persino paesi neutrali come Finlandia e Svezia hanno chiesto di aderire all’alleanza.

Il presidente più anziano della storia degli Stati Uniti è riuscito a traguardare il test delle elezioni di “medio termine” con una annunciata lieve perdita alla Camera dei deputati e con una modesta maggioranza al Senato. Biden può essere soddisfatto per adesso anche se una sua ricandidatura per il 2024 appare molto difficile, se non altro per l’età. Innumerevoli e un po’ crudeli sono le gags che lo ritraggono in evidente difficoltà. In ogni caso la più antica democrazia del mondo (1776) gode di ottima salute e si presenta al mondo con ottimi e innegabili connotati: un’autosufficienza energetica, un’economia comunque forte, una superiorità tecnologica riconosciuta. Sul piano militare il confronto con la Cina si fa sempre più difficile ma la tecnologia applicata alle armi fa la differenza, secondo i più accreditati opinion leaders del settore. Anche Andrea Margelletti presidente del Centro Studi Internazionali, in un suo recente articolo pubblicato sul numero di dicembre di Airpress, sottolinea le necessità di dedicare più attenzione alla Cina. Appunto, l’altra faccia del pianeta.

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Ivanoe Pellerin

Dopo la visita della speaker della Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti Nancy Pelosi, la Cina ha risposto per ritorsione con manovre militari attorno a Taiwan dalle dimensioni spropositate che, evidentemente, erano pronte da tempo. Una dimostrazione di forza come non si era mai vista, con l’accerchiamento aereo e navale, fin sulle coste orientali dell’isola e l’uso di armi da guerra. Di fatto un biglietto minaccioso non solo agli Stati Uniti ed a Taipei ma anche al Giappone ed alle altre potenze dell’Indopacifico.

Come suggerisce l’ottimo Rampini nella sua ultima fatica “Il lungo inverno”, la Cina ha voluto mandare al mondo almeno tre messaggi. Il primo: per Taiwan è già pronto un blocco aeronavale cinese che diverrebbe un embargo commerciale che strangolerebbe la sua economia. “I rapporti di Taiwan con il resto del mondo sono alla mercè dell’arbitrio di Pechino”. Il secondo è per l’opinione pubblica cinese oltre che per quella mondiale: non vi è alcun bisogno di un’invasione con truppe, sbarchi e missili sull’isola. Molti giornali di Pechino hanno già annotato questa possibilità. Terzo messaggio: è chiaro che, in caso di un confronto nell’area, la potenza militare cinese potrebbe infliggere agli USA ed ai suoi alleati danni davvero enormi.

È di fatto una risposta molto concreta all’annuncio di Joe Biden di un possibile intervento dell’America in difesa di Taiwan in caso di un vero attacco militare. Ma è anche un avvertimento minaccioso a tutti i paesi dell’area, da Singapore all’Indonesia, circa la volontà di Pechino di creare un’area di influenza cinese. È bene ricordare che Taiwan ha un’importanza strategica straordinaria proprio sulle rotte navali dove transita la maggior parte dell’energia indispensabile al Giappone e alla Corea del Sud.

Ancora una considerazione. Secondo gli osservatori Xi ha ormai un potere praticamente assoluto dopo la terza elezione a presidente della Repubblica Popolare Cinese, segretario generale del Partito Comunista Cinese e capo della Commissione militare centrale (l’esercito). Xi Jinping si è presentato al congresso quinquennale del partito comunista con questi argomenti: “Solo le difficoltà portano alla grandezza, solo la fatica porta alla gloria. Il percorso davanti a noi è arduo, ma raggiungeremo la destinazione. Non saremo spaventati da pericolose tempeste”. E ancora: “Risolvere la questione di Taiwan è un problema che riguarda i cinesi – ha dichiarato – e che deve essere risolto da noi”. La minaccia è chiarissima.

Consideriamo anche che la politica “zero Covid” ha provocato un notevole rallentamento dell’economia cinese ed anche il potere di Xi è condizionato dalla stabilità sociale, dal progresso economico e dall’arricchimento della classe media, cioè da circa metà della popolazione. La Banca centrale di Pechino ha speso 200 miliardi di dollari, dei 3000 delle sue riserve valutarie, per sostenere lo yuan e rallentarne la caduta. Chi credeva che i cinesi potessero ricattare Washington vendendo i buoni del Tesoro USA si deve ricredere. Le riserve in dollari possedute dalla Cina non sono un problema per gli americani, bensì per i cinesi. L’attuale preoccupazione per Xi è importare l’inflazione a causa del superdollaro. La moneta americana più forte rende più caro il petrolio, il gas, il carbone, i minerali le derrate alimentari di cui Pechino non può fare a meno.

Cari amici vicini e lontani, in queste condizioni l’aggressione a Taiwan è sempre possibile?

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