Adolescenti, videogiochi e violenza: l’allarme degli psicologi

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MILANO – Rapine, uccisioni, mafia, follia, omicidi di massa, assassinii cruenti, distruzione. Non sono i temi di uno studio di criminologia. Sono gli argomenti e il motivo del successo di alcuni fra i videogiochi più diffusi. Un ragazzo su due è affascinato da quelli più violenti, che sono nettamente in testa nelle preferenze dei giovani di età dagli 8 ai 16 anni. Il tema dei messaggi di queste consolle torna prepotentemente – rivela un’indagine – dopo i fatti di cronaca che hanno coinvolto alcuni adolescenti e le baby gang di Monza che si sono ispirate a una serie molto diffusa, una delle tante che incitano all’uso sconsiderato della forza e dell’omicidio.
Secondo una ricerca dell’agenzia ‘Klaus Davi &Co’ in collaborazione con un pool di psicologi che ha coinvolto 134 ragazzi , il livello di coinvolgimento dei giovani aumenta se si abbassa il livello sociale. In base allo studio, i ragazzi passano anche tre ore al giorno con questi videogiochi. E il tempo trascorso coincide nel 77% dei casi con l’assenza dei genitori da casa. Sia chiaro – viene sottolineato – il consumo è trasversale e coinvolge tutti i ragazzi. Ma il milieu sociale incide più si abbassa il reddito familiare. Tendenzialmente, chi ha una situazione sociale più svantaggiata trascorre mezz’ora in più coi videogiochi.

Perché piacciono

I ragazzi li preferiscono per vari motivi. In primo luogo c’è la volontà di ‘evadere’ 23%. Per il 15% la violenza ‘dà adrenalina’. Uno su tre ritiene gli eroi negativi o assassini ‘più affascinante di quelli buoni’. Per il 34% del campione la ‘violenza mi fa sentire più uomo’. Un 22% li giudica addirittura ‘educativi’ perché ‘mi insegnano ad essere più tosto con gli amici’. Un sincero 34% ammette ‘ci gioco perché i miei non ci sono mai’. Inquietante – rileva ancora l’indagine – il dato secondo cui a regalarli ai figli sono i genitori. E’ accaduto nel 53% dei casi. Addirittura le mamme nel 22% dei casi. Solo il 15% dice di ‘voler emulare’ gli eroi sanguinari. Ma un corposo 34% sostiene che ‘sono più utili della scuola a conoscere la vita’.

Il commento dell’esperta

Sincero e amaro è il commento della psicoterapeuta Vera Slepoj: “Oggi – dice – abbiamo abbandonato tutti i principi educativi, in qualche modo è come se lasciassimo i bambini e gli adolescenti a gestire autonomamente la propria visione del modo. Però fornendo loro ciò che deriva dal mondo del business, che sa manipolare la seduzione della violenza, affiancandola anche alla seduzione che è nata da un certo mondo musicale, il quale ha creato una suggestione sulla criminalità. In molti testi e video musicali, infatti, si dà quasi valore al rapporto tra musica e criminalità, boss e periferie: un mondo che crea emozioni e suggestioni, che si va a collocare nelle menti di soggetti che non hanno mai avuto una base né educativa, né di contenuti morali che riguardano soprattutto la difesa della vita umana”.
“Oggi, inoltre, molti videogiochi promuovono un incentivo all’allenamento e all’aggressività, perché – conclude l’esperta – avendo a che fare i giocatori con regole sempre più elevate di prestazione, con la violenza come risultato di eccellenza, i passi avanti nel videogame scaturiscono da determinati atti che poi nella vita quotidiana inevitabilmente vengono riprodotti”.

Angela Bruno

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