A cena col Papa

lodi papa intervista

di Massimo Lodi

A cena col Papa. Un’ora di televisione-family, mai vista così. Il Tg1 intervista Bergoglio a casa sua, ed è come se fosse casa nostra. Zero di salottiero, tutto di genuino. Chiocci, direttore della testata Rai di maggior prestigio, tiene insieme una chiacchierata amicale e temi complessi, fatti internazionali, vicende riservate, venerando e profano. Chiede al pontefice quel che chiunque vorrebbe: cosa ne pensa di Ucraina, Gaza, male, bene. E poi del dramma migranti, della questione pedofilia, del celibato preti e d’altro. Un sacco d’altro. Perfino riguardante lo strettissimo privato: il fidanzamento prima dei voti, la vita familiare con la mamma che insegnava a sentire/capire l’opera lirica, le malattie e gl’interventi chirurgici, l’entusiasmo per il calcio. Il calcio, già. Meglio Maradona o Messi? Meglio Pelè, vien da replicare al Sacro Interlocutore. O’ Rey, formidabile hombre del partido esistenziale, mica solo un pedatore sommo.

Difficile mettere così tanta colloquialità in così autorevole interlocuzione. Chiocci ci riesce con maestria sconosciuta ai più, pur avendo egli già una volta conversato col Papa per un’agenzia giornalistica. Ed è questo taglio di voluta semplicità a spogliare il vis-à-vis di paludamenti, conformismi, toni ufficiali/sussiegosi. Copione affatto banale, recita scintillante d’imprevedibili battute. Un capolavoro di bellezza dialettica.

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Massimo Lodi

A cena col Papa. Chi se l’aspettava? Non c’è la tavola, non ci sono i piatti, non ci sono pietanze, camerieri, arredi d’una ristorazione pluristellata. C’è di meglio: l’empatia che d’un colpo s’accende con l’augusto ospite. Augusto significa, in tal caso, nobile d’animo. Cioè popolare. Il capo della Chiesa di fronte a un qualunque suo fedele. Di fronte a noi, milioni di suoi fedeli. Ci racconta note di realismo, facendo scattare il tic magico: questo gliel’avrei chiesto anch’io, quello idem, e avanti così. A proposito di migranti, il Papa cita la vicenduola (la storia importante) d’un hermanito, fratellino come numerosi simili fratellini. Partito da un lido, arrivato in un altro. In cerca di speranza, conforto, solidarietà eccetera. In cerca dell’umanesimo di cui siamo fatti, e talvolta ci dimentichiamo.

A cena col Papa. Il menù è la carta della nostra piccolezza che diventa di grande pregio. Ci accorgiamo d’essere tenuti in speciale conto da un uomo di non comune sensibilità, capace di trasmetterla via schermo al modo in cui vi riuscirebbe di persona, mai in difetto della virtù comunicativa: di minuto in minuto l’attenzione non cala e invece sale. Quasi un miracolo nella televisione del conversare sull’attualità, di solito tendente a soffocare di noia gl’impoltronati. Ma quale poltrona. Bergoglio ci fa levare più d’una volta dalla sedia, quasi mossi dal gesto di stringergli la mano. Anzi, d’abbracciarlo. Se questo è l’uomo, beh ieri sera siamo stati tutti un po’ più uomini. Benissimo rappresentati dalla squadra telegiornalistica che Chiocci ha voluto far inquadrare accanto all’ospite, finita la cena/scena e prima di calare il sipario. Per testimoniare: esiste una squadra, un gruppo, una comunità. Da soli non si fa nulla, non si va da nessuna parte. Figuriamoci se da un Papa.

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