A Varese Sgarbi sul David: «Non è porno. Non c’è consapevolezza delle radici»

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VARESE – «Così come la cancel culture, considerare pornografico il David di Michelangelo è un’azione repressiva, che inoltre indica una mancanza di consapevolezza delle proprie radici». Così Vittorio Sgarbi ha commentato ieri sera, mercoledì 29 marzo, a Ville Ponti, il caso della preside Hope Carrasquilla di Tallahassee (California), licenziata per aver mostrato la statua ai suoi alunni: il famoso critico d’arte e politico era a Varese per presentare, nell’ambito degli eventi del Premio Chiara, “Roma – Dal Rinascimento ai giorni nostri”. Un libro per conoscere in modo nuovo la città, ha sottolineato Bambi Lazzati introducendo la serata in cui tra meraviglie dell’architettura, interruzioni di fan invadenti e la consueta ironia caustica, il sottosegretario alla Cultura della Lombardia non ha risparmiato stoccate al territorio di Varese.

Come i Buddha di Bamiyan

«Tra coloro che fecero il Rinascimento ci sono anche i grandi navigatori. È anche da questo che è nata la cultura americana moderna, dalle imprese che compirono persone come Cristoforo Colombo e Amerigo Vespucci», ha spiegato Sgarbi. «E nasce dal Rinascimento anche la figura eroica del David, che ne è cardine». Il volerlo coprire, oltre che «atto di demenza», si può paragonare ad «atti repressivi del mondo islamico come l’imposizione del chador, l’infibulazione, fino ad arrivare ai Buddha di Bamiyan fatti esplodere». Una cancellazione che, paradossalmente, ha avuto l’effetto di renderli famosi in tutto il mondo: «Gli artisti e i registi in realtà agognano la censura, perché li fa conoscere di più – ha ironizzato il saggista e popolare volto televisivo – mi auguro che anche in questo caso ci sia lo stesso successo, che tutto ciò faccia da ulteriore propaganda al David».

«Un’altra categoria di umanità perversa»

La stesura del libro dedicato all’architettura di Roma ha avuto come punti di riferimento due testi, “I Pittori italiani del Rinascimento” di Donald Berenson e il “Dizionario Bompiani degli autori”, dedicati rispettivamente ad arti visive e letteratura. Tenendo però a mente che, ha sottolineato Sgarbi, «dopo i genitori e le scuole, quella degli architetti è un’altra categoria di umanità perversa: la loro considerazione sta nel demolire e costruire su ciò che è stato distrutto». L’obiettivo di “Roma” è, anche per l’assenza di uno specifico istituto centrale del restauro, «dare anche all’architettura la dignità della memoria storica». I capolavori sotto la lente vanno dal Quattrocento all’età contemporanea, di cui sono stati elogiati musei come il Maxxi e il Maga: il direttore Angelo Crespi era in sala con il sindaco di Varese Davide Galimberti e l’assessore Enzo Laforgia.

Il Morazzone e la casa abbattuta

Se nel Rinascimento la Toscana ha sempre avuto la centralità, Sgarbi ha richiamato l’attenzione sugli artisti padani dell’epoca: Ferrara ospita le mostre su Ercole de’ Roberti e Lorenzo Costa, nonché su Roberto Longhi, autore del saggio “L’Officina Ferrarese” che ebbe come illustri allievi Giorgio Bassani, autore de “Il giardino dei Finzi Contini”, una «voce polifonica» come Pier Paolo Pasolini e Giovanni Testori, scrittore, pittore e critico d’arte protagonista mercoledì di un pomeriggio all’Insubria che – Sgarbi ha ricordato – «si occupò di artisti come Del Cairo e il Morazzone». Un nome, il secondo, che ha rievocato la demolizione avvenuta nell’omonimo Comune: «Un sindaco leghista ha buttato giù una casa meravigliosa: lasciamo perdere, perché sennò m’incazzo ancora. Sarà stato che il palazzo comunale era più competitivo. Chissà che cosa avranno costruito al suo posto, un orrore schifoso».

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Da Santa Maria della Pace alla Nuvola di Fuksas

«Nessuna miscela nè palinsesto» è l’impostazione voluta per “Roma”, libro con cui «segui un architetto e lo trovi opera per opera», andando alla scoperta delle vie della Città Eterna. «Roma antica c’è ancora. È stata quella del Rinascimento a celebrarla per prima»; un mondo che «convive con quello in cui si vive». Le sue bellezze hanno sfilato nelle slide alle spalle di Sgarbi che hanno avuto come punto di partenza la «meravigliosa geometria» del chiostro di Santa Maria della Pace, firmato dal Bramante, passando da Palazzo Farnese e Palazzo Madama, la Basilica di San Pietro e piazza Navona, Montecitorio, San Giovanni in Laterano per arrivare al Vittoriano, alla Casa del Sole e al palazzo della Civiltà del Lavoro; conclusione con la Nuvola di Fuksas, «opera completamente inutile: testimonia la caduta dell’architettura di Roma».

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