Accam, il sindaco di Busto: «Non c’è salvataggio o rilancio senza inceneritore»

BUSTO ARSIZIO – «Chi parla di salvataggio e rilancio senza il termovalorizzatore, magari pensando a nuovi impianti di trattamento a freddo, parla senza cognizione di causa». Lo ha detto chiaramente, nella prima riunione delle commissioni congiunte di Busto sull’atto d’indirizzo Accam, il sindaco di Busto Arsizio Emanuele Antonelli. «Per arrivare a questa economia circolare ci vorranno almeno 20 anni, nel frattempo la Tari raddoppierebbe». Un appello per il piano di salvataggio della società che prevederebbe «non meno di 12 anni di gestione» (fino al 2032) di un impianto su cui verrebbero concentrati fin da subito gli investimenti per tornare a recuperare energia dalla combustione dei rifiuti.

L’impatto del fallimento

Antonelli ha sintetizzato anche «l’impatto sul bilancio in caso di fallimento»: verrebbero a mancare 356mila euro annui dell’affitto del terreno di Borsano, un milione di valore della partecipazione in Accam, ma soprattutto si dovrebbero sopportare circa 1,3 milioni di maggiori costi di trasporto e conferimento dei rifiuti («inclusi gli ammortamenti degli investimenti di Agesp per i nuovi automezzi» che servirebbero) «che poi sono la molla che ha fatto scattare il piano Amga». A questo vanno aggiunti l’impossibilità di costituire nuove società o acquisire partecipazioni per il servizio di smaltimento rifiuti, in base alla Legge Madia, il costo della bonifica del sito Accam («nessuno ci verrebbe in aiuto, men che meno la Regione a cui non spetta» chiarisce Antonelli). E, last but not least, le «tragiche conseguenze sull’occupazione», con i lavoratori Accam che «non saranno ricollocati nei comuni, non si può». Da tutte queste considerazioni, rimarca il sindaco, nasce «l’esigenza di salvare Accam, anche in un’ottica di economia circolare che necessita anni per andare a regime». Anche perché impianti innovativi di trattamento dei rifiuti hanno «costi insostenibili oggi, ma magari probabili tra qualche anno, se Accam si salva e torna a produrre utili e a riacquistare credibilità presso gli istituti di credito».

La exit strategy

Ancora più chiaro è stato il presidente di Accam Angelo Bellora: l’impatto dello spegnimento dell’impianto di Borsano potrebbe essere «devastante», se si considera che a Sesto San Giovanni la prossima dismissione dell’inceneritore porterà il costo di conferimento dagli attuali 87 a più di 120 euro. «La situazione è oggettivamente molto critica – sintetizza Bellora – stiamo lavorando con consulenti di alta levatura ad un piano per mettere in sicurezza di Accam e farla traghettare oltre la crisi, per metterla a disposizione del territorio, in partecipazione con le società pubbliche». Alternative all’attuale impianto però oggi non ce ne sono: «Non sono innamorato dell’inceneritore, ma se spegniamo è la fine. E non possiamo mettere in atto nessun percorso virtuoso per cercare di migliorare la situazione». A dargli manforte il professor Bruno Inzitari, che sta seguendo questa fase insieme a Raffaella Muroni: «L’impianto è una risorsa, la liquidazione sarebbe terribilmente pesante. Se l’inceneritore finisse all’asta fallimentare sarebbe la conclamata sconfitta di anni di sforzi, progetti e impegno da parte degli enti locali». La soluzione proposta è una procedura concorsuale di «accordo di ristrutturazione», da sottoscrivere «con almeno il 60% dei creditori, con un ragionevole riscadenziamento del debito, che sarebbe solvibile in caso di ripresa del recupero di energia in seguito alla sostituzione delle turbine»

Ora tocca alla politica

L’ex sindaco Gigi Farioli rivendica un atto di indirizzo, quello di Busto, che diversamente da quello «un po’ ipocrita di Legnano», mette nero su bianco il tema della «messa in sicurezza dell’impianto esistente, per non giocare sull’ipocrisia o su aspettative che non possono essere soddisfatte». Perché «il rilancio passa inequivocabilmente dalla messa in sicurezza dell’esistente». Ma il presidente del consiglio comunale Valerio Mariani (PD) mette il dito nella piaga delle divisioni della maggioranza: «Alla politica, che senza distinzioni di schieramento in vent’anni non ha avuto il coraggio di risolvere questo problema, si chiede di decidere. Ma ognuno deve assumersi le proprie responsabilità. E a Busto, al di là del sindaco e dell’assessore Farioli, non vedo un quadro chiaro in maggioranza». Nel mirino la posizione della Lega, con un appello a «non giocare all’opportunismo politico». Ma la leghista Paola Reguzzoni pur ribadendo la posizione del gruppo favorevole allo spegnimento dell’inceneritore, lascia aperta una porta: «Nella chiamata alla responsabilità mi sento di approfondire e di mettermi a disposizione senza partire con un no a prescindere». Ma ad Accam si imputano le «fughe in avanti» rispetto alla soluzione da perseguire, e al consiglio si chiede una «proposta concreta». Contrarietà netta viene espressa da Claudia Cerini (M5S), che contesta la «delega in bianco» che verrebbe chiesta con l’atto di indirizzo: «Se non c’è alternativa all’inceneritore è un’occasione sprecata. E non si capisce l’opportunità di perseverare».

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