Marco Bellocchio, un maestro al Baff: «Gemellaggio con Bobbio o rete di festival»

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Marco Bellocchio con Steve Della Casa

BUSTO ARSIZIO – Il cinema che ha realizzato è “una gioia per gli occhi e un nutrimento per la mente”: a Marco Bellocchio è stato conferito, nella serata finale del Baff che si è tenuta ieri, venerdì 21 aprile, al Cinema Lux di Sacconago, il premio “Dino Ceccuzzi” all’eccellenza per mano di Alessandra Ceccuzzi. Intervistato da Steve Della Casa, insieme a Paola Poli direzione artistica della kermesse, il regista piacentino, che presto rappresenterà l’Italia a Cannes, ha parlato del festival da lui organizzato a Bobbio e di un’eventuale alleanza.

Il Bobbio Film Festival

«Ebbi un primo incontro con un gruppo di giovani – ha raccontato Bellocchio – a me interessava lavorare con loro subito: improvvisavamo con pochi mezzi, facendo corti semplici. Ogni anno ho lavorato con un gruppo differente nel loro essere improvvisati, si tratta di frammenti molto personali: io facevo il regista ma loro erano coinvolti, abbiamo creato piccoli film. Ora sono quindici giorni di rassegna: è importante che in qualsiasi situazione ci sia continuità, arricchisce tutta una serie di contatti». Il regista ha quindi sottolineato a Della Casa l’importanza di creare una rete: «Qualcuno aveva pensato a un gemellaggio o a una confederazione: ci sono film bellissimi che scompaiono dopo pochi giorni, sarebbe anche un modo per riscoprirli».

Sidney Sibilia con Della Casa

Un racconto privato di Moro

Dalla conversazione non poteva certo restare fuori la recente serie “Esterno notte”: «Mi affascinava l’idea di raccontare altri protagonisti della vicenda come Cossiga, Andreotti e la stessa famiglia Moro che nel film non c’erano, non poteva essere contenuto tutto in un unica opera. Ora c’è, molto più di vent’anni prima, la libertà di fare un film romanzo». Come ha sottolineato Della Casa, «racconti sempre fatti storici che non sono una riproduzione, ma una tua interpretazione». «Cerco sempre di creare in fondamento di verosimiglianza – ha spiegato il maestro – ma, volendo fare un racconto privato di Moro, c’erano spazi di libertà obbligatori. Fabrizio Gifuni, profondo conoscitore del personaggio, ha saputo interpretarlo aggiungendo qualcosa di originale ideato da lui, un lavoro straordinario».

Paola Poli e Pilar Fogliati con Della Casa

“I pugni in tasca” sarebbe stato un altro film

Gli attori devono essere bravi ma deve anche essere bravo il regista a individuare l’attore che gli serve: «Di solito faccio loro un discorso di ordine generale e poi si tenta passo per passo. Ogni grande attore, sebbene possa fare tutto, privilegia alcuni dei suoi personaggi: per esempio Pierfrancesco Favino non ha dovuto imitare Tommaso Buscetta nel film “Il traditore”, ci era già dentro». “I pugni in tasca”, esordio di Bellocchio dedicato alla ribellione di quegli anni, nel 1965 ha fatto conoscere il volto di Lou Castel ma le cose potevano andare diversamente: «Gianni Morandi, che aveva aveva da poco pubblicato “In ginocchio da te”, aveva letto il copione dicendoci poi: “Voglio farlo”. Ma noi all’epoca eravamo solo dei giovani di belle speranze e lui avrebbe dovuto interpretare uno che ammazzava la madre; mi giunse voce che suo padre gli disse: “Se osi fare il film di Bellocchio ti spezzo le gambe”».

Gabriele Tosi e Jun Ichikawa con Della Casa

Attore preferito: «Steve Della Casa»

Tra gli altri riconoscimenti c’è stato il premio Busto Arsizio a consegnato a Sidney Sibilia, già premio “Opera prima” al Baff 2014, per “Mixed by Erry”, caleidoscopio che racconta la storia di un sogno incompatibile con il luogo dove nasce, la Forcella dei primi anni Ottanta, ma anche lì a modo suo, riesce ad andare avanti. Premio “Opera prima” di quest’anno è stata invece Pilar Fogliati – che ha ricevuto il riconoscimento da Poli – per “Romantiche”, «un concentrato di prime volte incredibili»: l’attrice ha dichiarato come suo attore preferito Della Casa, che sulla pellicola è stato padre di lei e di Miriam Leone. Premio Banca Industria per Jun Ichikawa, prima volta a Busto, “Carlo Lizzani” per Gualtiero Rosella e premio speciale Chimitex per Andrea Bosca in “Romanzo radicale”, «una piccola poesia, e non un’enciclopedia, su Pannella: Marco mi ha insegnato che l’amore è attenzione costante. Il suo contrario non è l’odio, ma l’indifferenza. I diritti per cui si è battuto non sono garantiti: quello al divorzio è così assodato da essere normale ma io sono nato nel 1980, cinque anni prima le donne andavano in galera per questo».

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