Busto, cinque prof. supplenti del Verri senza stipendio da ottobre: «Pagateci»

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BUSTO ARSIZIO – «Come possiamo parlare di Costituzione e diritti umani e civili ai ragazzi quando quegli stessi diritti vengono calpestati dal nostro datore di lavoro che è una scuola?». È la domanda che fanno cinque docenti dell’istituto professionale “Pietro Verri” di Busto Arsizio, assunte a tempo determinato (tecnicamente si definiscono “supplenti brevi”) che non ricevono lo stipendio da ottobre. E non sanno il perché.

L’appello

«Sono i soldi che corrispondono ai nostri emolumenti, provengono dal Ministero che ha sbloccato da tempo qualsiasi problema di carattere organizzativo e di stanziamento dei fondi corrispondenti, con la nota ministeriale di gennaio e con le emissioni speciali – raccontano le docenti – nonostante questo, ad oggi continuiamo a essere rimpallate, come se fosse normale attendere “pazientemente” mesi per avere uno stipendio in un ente pubblico». Le sollecitazioni finora non hanno portato a nulla, anche se il Ministero dell’Istruzione, interpellato, avrebbe confermato che i soldi sono stati stanziati e l’istituto sarebbe in condizione di autorizzare i pagamenti.

Le supplenze brevi

Che le supplenze brevi, come quelle delle cinque prof. del Verri, non vengano pagate proprio puntualmente, non è una novità. Siamo pur sempre in Italia. «Ma di solito i ritardi si limitano ad un paio di mesi – rivela una delle “protagoniste”, suo malgrado, di questa vicenda – qui invece aspettiamo da ottobre. Non riusciamo a pagare gli affitti e siamo costretti ad appoggiarci agli amici per andare avanti. È una situazione insostenibile». Anche perché nel gruppo ci sono anche madri con bambini piccoli nelle città di origine del sud e donne divorziate con figli a carico.

Pazienza finita

E se il Verri ha una storia recente di disagi, la pazienza delle supplenti senza paga adesso è finita: «Ancora una volta, come spesso accade in Italia, ci troviamo di fronte a uno dei tanti scandalosi e evidenti episodi di inadeguatezza, che vengono spacciati per burocrazia – lo sfogo delle cinque prof. – noi non possiamo più aspettare oltre. Abbiamo già avuto troppa pazienza e non intendiamo averne più. Vogliamo i nostri stipendi (tutti) entro fine mese».

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