Il re del jazz compie 85 anni: e festeggia a Busto. Gianni Cazzola scuote il Sociale

di Davide Ielmini

BUSTO ARSIZIO – Ha un cuore grande così, e batte come un tamburo. Un metronomo nella testa. Due mani che somigliano a farfalle in volo. Gianni Cazzola compie 85 anni, ed è un compleanno al quale il mondo del jazz non può mancare. E non mancherà, al Teatro Sociale di Busto Arsizio, domenica 1° ottobre alle ore 21 quando sul palco salirà questo “sultan of swing” per la serata di apertura di Eventi in Jazz.

A tutta batteria

La storica manifestazione organizzata da Abeat Records (biglietti a euro 10; ingresso gratuito per gli under 26) che di batteristi, a dire il vero, ne conterà due: Cazzola, alla testa di Andrea Candeloro (piano), Attilio Costantino (chitarra), Carlo Bavetta (contrabbasso), Cesare Mecca (tromba), Didier Yon (trombone) e Tommaso Profeta (sassofono). E Tullio De Piscopo, padrino della serata, che avrà il compito di introdurre “The Great Gianni Cazzola & New Jazz Generation”.

L’Art Blakey bianco

Una vita con ben poche pause (non sono mai mancate quelle musicali); un bouncing (la scansione swing sempre ben accentuata) che fa tremare i polsi; un senso invidiabile del fraseggio; una vivacità che quando si sposa all’istinto non può che far esplodere quella creatività nella quale Gianni Cazzola ha sempre creduto. Bop e hard-bop, per lui, sono fratelli che corrono sulla stessa strada. E bene fece Arrigo Polillo quando decise di definirlo l’”Art Blakey bianco”. Perché Art, per Cazzola, è sempre stato un punto di riferimento inestinguibile. Così saldo nella sua formazione musicale da doverne conservare una piccola foto nel portafogli. Un batterista che non è mai stato “da Big Band”, Cazzola, ma che ha saputo cesellare i combo con l’estro e la visionarietà di un sagace artigiano del suono.

L’eredità di Franco Cerri

Nato a San Giovanni in Persiceto nel 1938, lo si ritrova nell’enciclopedia Treccani “tra i musicisti di alto livello espressi dal jazz italiano”. Basterebbe questo per consegnarlo nell’Olimpo dei grandi, ma le sue azioni dicono molto di più di qualsiasi parola: a 19 anni nella formazione di Franco Cerri, a venti nel quintetto Basso-Valdambrini, il nuovo corso artistico vissuto a trentanove anni grazie a Giorgio Gaslini. Che calibra i propri progetti in base alla caratura dei protagonisti per aprirli a nuove esperienze sensoriali: la “musica totale” è un piatto che si serve caldo. E quando il ritmo deve essere rovente – non solo concepito come frazione ritmica, ma come battito interno alla forma della musica: l’avanguardia europea che entra nell’africanità per assumere un corpo inimmaginabile – Gianni Cazzola è lì. C’è. Dà combustione al pensiero di un futuro tutto da ascoltare. Grazie a quella veracità, forse anche spinta vernacolare, che si porta addosso da quel territorio bolognese dove la ribellione, gli ideali liberali e l’indipendenza sono un tutt’uno con la voglia di dimostrare quello che si è “senza se e senza ma”.

Caparbia autodeterminazione

Gianni Cazzola sa farsi voler bene, a volte è un burlone, ma non dimentica quanto il jazz sia – deve essere – un esercizio caparbio di autodeterminazione. Con studio, disciplina ed entusiasmo. E’ grazie a questo se il batterista persicetano, negli anni, è stato capace di allevare flotte di giovani che alla capacità tecnica hanno sempre saputo abbinare il riflesso dell’anima. Perché se da un lato il Conservatorio serve, dall’altro Cazzola sa bene che il vero jazz si impara sulla strada. Nella Strada. Per strada. E’ così che questo batterista è entrato nel cuore di Franco D’Andrea (una collaborazione lunga dieci anni), Guido Manusardi, Gianluigi Trovesi, Dado Moroni, Massimo Urbani, Luca Flores. E di tutti quegli statunitensi al quale ha prestato cuore e mani: Billie Holiday, Chet Baker, Gerry Mulligan, Dexter Gordon. La lista si chiude qui non perché non possa continuare, ma perché un articolo non deve essere un elenco telefonico.

Un abbraccio swing

Dunque, l’abbraccio swing di Gianni risuonerà anche domenica. E sarà grande. Sarà impetuoso. E caldo. E vivo. E pulsante. Mirando infallibilmente drive e groove, giocando con gli accenti dei brani, marcando stretti i propri compagni di viaggio. Ricordi tanti, e musica a non finire, in questi sessant’anni e oltre di carriera che Cazzola non si è mai permesso di guardare dagli specchietti retrovisori della sua “macchina swing”. Anzi, se c’è qualcosa che Gianni non ha mai fatto è proprio quello di voltarsi e gioire delle proprie soddisfazioni. Lo ha raccontato in “Una vita in swing”, libro pubblicato da Tagete Edizioni nel 2005, dove fa un ritratto di sé attraverso una raccolta di testimonianze che farebbero impallidire molti.
E allora, “swing it loud, man!”. Ancora un volta.

busto sociale gianni cazzola – MALPENSA24