Caianiello: “A me nessuno poteva dire di no”. Il ruolo di Lara Comi

MILANOLara Comi, Giuseppe Zingale e gli incarichi ai professionisti (avvocati soprattutto) affidati per “smussare” parcelle troppo onerose per i fondi personali di Nino Caianiello. In aula il processo per l’inchiesta Mensa dei poveri; terza udienza oggi, venerdì 23 settembre, con Caianiello, considerato dall’accusa il vertice di un sistema di mazzette e incarichi pilotati, tra le province di Varese e Milano, come unico teste.

I conti di Agorà

Il pubblico ministero Silvia Bonardi parte da Comi, ex europarlamentare di Forza Italia, accusata di truffa ai danni dell’Unione Europea con un danno che il Parlamento Europeo, costituitosi parte civile nel procedimento, ha quantificato in circa 780 mila euro.

Si parte dalla questione finanziamenti al partito e in particolare ad Agorà, l’associazione politico-culturale ideata dall’ex plenipotenziario di Forza Italia per avvicinare la società civile alla politica del territorio. Chi aderiva ad Agorà, tra amministratori e politici, versava una decima sugli introiti incassati con l’incarico pubblico ricoperto. I consiglieri regionali e gli onorevoli, Comi compresa, versavano invece una quota fissa di 500 euro mensili. «E Comi era puntuale nei versamenti?», chiede il pubblico ministero. «Spesso dimenticava di pagare la propria quota», ha risposto Caianiello oggi molto più sfumato nelle sue affermazioni rispetto a quanto avvenuto durante gli interrogatori davanti ai Pm dove definì Comi “recalcitrante”.

Comi, Zingale e Afol

Si parla allora dei contratti ai collaboratori di Comi con stipendi che vennero aumentati (così come i carichi di lavoro) e collaboratori che «Si sono detti d’accordo nel retrocedere poi parte dello stipendio maggiorato per finanziare il partito e il comitato elettorale di Comi». E ancora i rapporti tra Comi e Zingale, all’epoca direttore generale di Afol, che avrebbe lamentato, a detta di Caianiello, un’incapacità di Afol stessa di partecipare ai bandi europei. Ci fu, sul punto, una riunione tra Comi, Zingale e Caianiello durante la quale «Comi si propose quale interfaccia sul punto – ha detto Caianiello – Suggerendo di affidare un incarico ad un’avvocatessa sua conoscente, che conosceva la materia, per studiare l’accesso ai bandi stessi».

Nessuno mi poteva dire no

A quel punto la “rottura” tra Comi e Zingale: la prima lamentava che la professionista da lei indicata non veniva interamente pagata per il lavoro svolto, il secondo si lagnava del fatto che, stando a quanto gli avevano riferito dal Cda di Afol, il lavoro in questione in realtà non veniva eseguito. E qui interviene Caianiello «Perché a me nessuno poteva dire di no – ha spiegato – per risolvere il contenzioso». Con Zingale che, stando a quanto testimoniato oggi, a fronte di un aumento dei compensi alla consulente indicata da Comi «chiedeva qualcosa per sé». Caianiello uomo del problem solving chiede anche a Zingale se «La Lara è poi venuta da te. Altrimenti stasera la vedo e le faccio uno shampoo».

Il sostentamento del Mullah

La stessa Comi che, con l’ex coordinatore provinciale di Forza Italia Carmine Gorrasi (anche lui a processo), «Si preoccupava di questa mia situazione». Quale? Dopo una prima condanna definitiva per peculato il Mullah non poteva più avere incarichi pubblici. La legge Severino gli impediva di lavorare, parole sue in aula. E allora, e le domande del Pm si sono qui inserite sempre nell’ambito dell’aumento di stipendio ad uno dei collaboratori dell’ex europarlamentare, Comi e Gorrasi stavano cercando una soluzione al sostentamento dell’ex plenipotenziario degli azzurri in provincia di Varese. Ne parlarono anche a Fiuggi, durante il congresso del Ppe «Ma io per dignità, sapendo di cosa si parlava, mi allontanai. Da Comi non ho mai ricevuto un euro».

Conti privati, incarichi pubblici

E’ un giro di incarichi a professionisti da lui “suggeriti”, suggerire è un verbo che Caianiello utilizza spesso, così come le parole “sottoscritto”, “carisma” e “autorevolezza”, quello che il Mullah racconta. Con puntuali retrocessioni a chi gli incarichi li aveva “suggeriti” oppure “lavori” (sempre in ambito pubblico) per figure professionali, nel caso specifico avvocati, delle quali Caianiello si era avvalso. Alla fine il “pubblico” c’entrava sempre nonostante Caianiello dai “pubblici uffici” fosse interdetto.

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