Omicidio di Cairate, sabato gli interrogatori. Chi ha inferto il colpo mortale?

Nella foto Michele Caglioni e Douglas Carolo

CAIRATE – Compariranno sabato 2 marzo davanti al Gip del Tribunale di Busto Arsizio, Veronica Giacoia, Douglas Carolo, 20enne di Samarate, e Michele Caglioni, 21enne di Cassano Magnago. Sono i due giovani accusati dell’omicidio di Andrea Bossi, 26 anni, consumatosi nella sua abitazione in via Mascheroni a Cairate, nella notte tra il 26 e il 27 gennaio. Sono stati arrestati all’alba di ieri, mercoledì 28 febbraio, in esecuzione di ordinanza di custodia cautelare in carcere.

La condanna per rapina

Durante l’interrogatorio i due ragazzi potrebbero accusarsi l’uno con l’altro, difendersi o decidere di avvalersi della facoltà di non rispondere. «Non ho ancora visto gli atti e non ho ancora l’ordinanza. Vedrò il mio assistito domani mattina (venerdì primo marzo ndr) – spiega l’avvocato Vincenzo Sparaco, difensore di Carolo, mentre Caglioni è assistito dall’avvocato Luigi Ferruccio Servi – Sino a quel momento non so se ci avverremo o meno della facoltà di non rispondere». Il legale conosce Carolo da tempo: «Ha una condanna per rapina a una prostituta consumata nel 2021 – spiega l’avvocato – passata in giudicato con sospensione condizionale della pena. Si fece 18 giorni a San Vittore che, posso garantire, non è un’esperienza semplice. Speravamo tutti che questo potesse in qualche modo attenuare i problemi caratteriali del ragazzo». Alla luce di quanto accaduto, dell’estrema gravità che comporta il coinvolgimento in un omicidio, la “lezione” pare non essere servita.

Carolo ha accoltellato Bossi?

Da quanto emerso finora pare che Carolo conoscesse molto bene Bossi, mentre Caglioni appare, sotto l’aspetto della frequentazione della vittima, come un gregario. Ed è sempre Carolo che gli inquirenti sospettano possa essere la persona che fisicamente ha sferrato il fendente mortale alla gola di Bossi, uccidendolo. «Anche se – precisa l’avvocato Sparaco – l’arma del delitto non è stata ritrovata. Ed è elemento fondamentale per accertare chi l’abbia utilizzata». Carolo viene descritto come irrequieto, problematico da sempre, nonostante la vita lo abbia trattato tutt’altro che male. Di origine brasiliana è stato adottato insieme al fratello minore da una famiglia benestante. Nessun contesto di degrado, ma anzi una vita agiata, in cui nulla gli è mai mancato. E allora perché? Perché, come sostengono gli inquirenti, partecipare a un omicidio derubando la vittima di preziosi (poi rivenduti in quattro diversi Compro Oro), carta di credito e bancomat salvo poi fare un prelievo a favore di telecamera ad un bancomat alle 4.31 del 27 gennaio, poche ore dopo il delitto?

Il movente economico

Il profilo dei ragazzi parla di due giovani che non studiano, non lavorano, uno dei due appassionato di musica sognando il successo in un talent. Una vita pellegrina senza rinunce e senza fatica. Per gli inquirenti il movente è economico: per ora la premeditazione non è stata ancora contestata. Ma la procura, dopo gli interrogatori, potrebbe decidere diversamente. C’è ad esempio il dettaglio delle chiavi di casa di Bossi, un mazzo scomparso mesi prima e poi ritrovato dagli inquirenti poco distante da via Mascheroni, che potrebbe far propendere in questa direzione.

Le chiavi e la premeditazione

Il 26enne credeva infatti di aver smarrito un primo mazzo facendosi cambiare la serratura. Ma dopo l’omicidio, con l’appartamento che non presentava segni di scasso, gli inquirenti hanno notato che il secondo mazzo di chiavi era a sua volta sparito. Ebbene, entrambi i mazzi sono stati ritrovati in un campo, nascosti sotto un sasso, segno che erano in possesso dei due presunti killer. Perché? Secondo indiscrezioni sarebbe stato proprio Caglioni, ieri, durante una serie di sopralluoghi e perquisizioni, a far ritrovare ai carabinieri non soltanto i due mazzi di chiavi, ma anche un pesante posacenere utilizzato per stordire Bossi con un colpo alla testa e un bicchiere evidentemente fatto sparire perché recava delle impronte.

Non è finita qui

Carolo era già schedato. Oltre a questo gli inquirenti hanno ritrovato anche uno dei cellulari della vittima distrutto dai killer nel tentativo di eliminare tracce di contatti. Peccato si siano tenuti il secondo di cellulare. A loro gli inquirenti sono arrivati seguendo le immagini delle telecamere che, in alcuni frame, li hanno inquadrati in viso rendendoli riconoscibili e seguendo le celle agganciate dai cellulari quella notte: elementi che collocano i due presunti killer sul luogo del delitto e all’ora della uccisione, stimata tra le 23.41 e le 23.47. E l’inchiesta potrebbe non essere finita qui. Gli inquirenti stanno verificando l’eventuale coinvolgimento di altre persone non foss’altro che per il favoreggiamento nei confronti dei due.

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