Cairate, Caglioni al Pm: «Bossi ucciso da Carolo. Zitto per paura: minacce ogni giorno»

Nella foto Michele Caglioni

CAIRATE – Ha parlato per oltre tre ore e mezza Michele Caglioni, 20 anni, di Cassano Magnago, arrestato per l’omicidio di Andrea Bossi, 26 anni, in concorso con Douglas Carolo, 21 anni, di Samarate. Caglioni, assistito dall’avvocato Luigi Ferruccio Servi, è comparso alle 15 di oggi, giovedì 4 aprile, davanti al pubblico ministero Francesca Parola, che coordina le indagini, nella sala interrogatori del carcere di Busto Arsizio. e è uscito alle 18.30 passate.

In casa c’era solo Carolo

I contenuti dell’interrogatorio sono secretati. Caglioni è apparso sereno ma è ancora confuso su alcune dinamiche della notte tra il 26 e il 27 gennaio quando Bossi fu ucciso con un fendente di coltello al collo nel suo appartamento di via Mascheroni a Cairate. Su alcuni punti è stato invece chiarissimo ribadendo quanto già dichiarato al Gip: al momento dell’omicidio lui non era nell’abitazione di Bossi. Aspettava sulla strada dopo aver dato un passaggio in monopattino a Carolo. Nell’abitazione quando Bossi è stato assassinato, stando a Caglioni, c’era il solo 21enne. Il cassanese, così facendo, accusa apertamente Carolo: Bossi, in quanto unico presente, lo ha ucciso lui.

La prova in un messaggio

Secondo il racconto di Caglioni solo dopo il fatto lui entrò nell’appartamento trovando Bossi morto. Perché è entrato in quella casa? Perché, ed è la risposta più plausibile, qualcuno lo ha chiamato. Carolo, nel caso specifico, e certo non mettendosi a urlare. Ma forse con un messaggio inviato sul cellulare dell’amico in attesa. Di qui l’impazienza dell’avvocato Servi di avere gli esiti peritali sui sei telefonini sequestrati, due della vittima, uno di Caglioni, uno di Carolo e due appartenenti a dei conoscenti. Se poco dopo l’orario dell’omicidio risulterà effettivamente un messaggio di Carolo a Caglioni sarà la prova che il ragazzo davvero non era presente al momento dell’omicidio. Altrimenti perché scrivergli?

Ucciso per soldi

Altro punto: Carioni sapeva delle presunte intenzioni di Carolo oppure no? Lui nega, ma gli inquirenti mantengono il massimo riserbo. Il ragazzo ha confermato, una volta entrato nell’appartamento, scioccato dalla vista del cadavere di Bossi, di aver aiutato Carolo a spogliare la vittima dei monili in oro che indossava e di avergli dato una mano nel recuperare altri preziosi. Caglioni, va detto, ha da subito collaborato con gli inquirenti facendo ritrovare un posacenere, forse usato per stordire la vittima, un bicchiere, due mazzi di chiavi della casa di Bossi e il cellulare distrutto della vittima. Il 20enne ha confermato di non conoscere Bossi, era Carolo ad avere dei contatti con lui, sottolineando il movente economico del delitto.

Minacciato da Carolo ogni giorno

Infine il suo silenzio. Tra l’omicidio e gli arresti è trascorso un mese. Un mese durante il quale Caglioni ha taciuto con tutti. E oggi ha ribadito il perché: Caglioni ha taciuto per paura. Di chi? Di Carolo. Non c’erano terze persone a tormentarlo. Carolo, stando a Caglioni, gli mandava ogni giorno un messaggio di minaccia la mattina e uno la sera: “Se parli fai la fine di Bossi”. E anche su questo parleranno i cellulari sequestrati. Il Gip, tra l’altro, ha ordinato l’estrazione dei dati dai telefonini relativi agli ultimi 60 giorni: un mese prima e un mese dopo l’omicidio. L’11 aprile sarà Carolo ad essere interrogato dal Pm. A sua volta il ragazzo si dichiara innocente sostenendo di essere stato altrove mentre il 26enne veniva assassinato. Il pubblico ministero risentirà di certo Caglioni dopo gli esiti peritali sui cellulari e del Ris di Parma.

L’appello ai cairatesi per ritrovare l’arma

Caglioni in una lettera inviata in esclusiva a La Vita Diretta, in onda su Rai1, ha ribadito la sua innocenza chiedendo ai cairatesi di aiutarlo a ritrovare l’arma del delitto, gettata in un tombino e mai acquisita dagli inquirenti, per provare la sua estraneità all’omicidio.

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