Col Legnano in diretta tv: telecamere su Asmini, il Cincinnato della Castellanzese

CASTELLANZA – Nell’anno del centenario biancoblù Patrizia Testa è riuscita a riportare la Pro Patria in serie C; nell’anno del centenario neroverde Alberto Affetti sta facendo sognare il professionismo alla Castellanzese, seconda nel campionato di serie D in vista del derby di domenica (ore 14.30 in diretta tv su Sport Italia) contro il Legnano.

Ma Pro Patria e Castellanzese, società vicine non solo logisticamente, hanno in comune un altro segreto: Salvatore Asmini (nella foto ai tempi della Samp fra Novellino e Delneri) dirigente di calcio vero e uomo vero. Alla sua figura, spesso schiva dai media e lontana dalle luce dei riflettori, abbiamo deciso di dedicare la nostra copertina, con uno speciale approfondimento.

L’umiltà di Salvatore Asmini fa pensare all’insostenibile leggerezza dell’essere e in questo caso la leggerezza, per certi versi, non è solo un sostantivo. Leggera è la quotidianità, la voglia matta di ricominciare da capo, di interrogarsi e sfidare se stesso.
Chissà quali margini abbia quel multi progetto maturato dopo un doloroso divorzio sportivo. Chissà se si sente appagato per aver dato un metaforico calcione agli scettici, anche ai soliti noti che di fronte all’evidenza cercano l’ago nel pagliaio di casa loro.
Perché l’evidenza è inoppugnabile immaginando la Castellanzese che vede il professionismo (per carità: ancora lontano e da conquistare) e la Pro Patria che stupisce con la migliore difesa in Italia, (nonostante le tre sberle incassate mercoledì). Cioè la squadra che poteva essere e non è stata, ma Salvatore Asmini ha la scorza dura, la personalità propria del portiere, ossia di un ruolo diverso e non normale.

Le sue creature, dunque, ora gli consentono di portare il dito alla bocca, non un gesto spregevole, ma un gesto liberatorio. Lui è stato il costruttore di questa Pro Patria, a lui la signora Testa aveva regalato una ramazza per un sano repulisti dalle scorie di un passato ingombrante. La scelta di Turotti è sua, la scelta di Bonazzi, poi finita come sappiamo, è anche sua, come lo è il sì a Javorcic, oggi emergente, ai tempi un azzardo.

Per dire che la sua idea ha attecchito, Turotti ha fatto il resto, il tecnico croato ha incorniciato questo capolavoro. Come Gaio Giulio Cesare venne, vide, ha vinto, come Cincinnato – grazie alla sua proverbiale austerità – è tornato al suo “campicello oltre il fiume”, quello di Castellanza, il feudo di Alberto Affetti.

Tore, come lo chiamano gli amici, sul suo campo ha seminato scegliendo il grano buono e sostanzioso. Vero, il caso, nel mondo del pallone, è un fattore, ma stavolta si sposa con i principi appresi nella dura gavetta.
Asmini, tanto per dire, è un direttore sportivo a cui piace vedere de visu se la dritta su questo o quel giocatore risponde a verità. E come quelli d’una volta, il giocatore non può prescindere dall’uomo, dai valori che porta in dote.
Ecco, i capolavori sono accattivanti perché variegati e plurali. A questa pluralità di Salvatore Asmini manca l’enfasi comunicativa: nel calcio in cui le parole in libertà hanno più valore di un dribbling, il ciarlare pare un dogma. E i dribbling verbali del d.s. neroverde sono uno scudo contro le banalità, uno scrigno dentro il quale custodisce segreti che, per l’insostenibile leggerezza dell’essere scomodo, tali non sono.

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