Con la pandemia è allarme per il lavoro minorile e l’abbandono scolastico

bruno lavoro minorile

Una nazione spaccata: da un lato chi sta sempre meglio nonostante la crisi economica e la pandemia, dall’altro chi va a fondo senza poter nemmeno fare studiare i figli che ancora minorenni sono costretti a lavorare. Un fenomeno di cui si crede siano immuni i Paesi più sviluppati. Ma non è così. E’ quanto emerge da una interessante analisi, diffusa alla stampa, della Fondazioni Studi dei Consulenti del Lavoro. Il lavoro minorile e abbandono scolastico vanno di pari passo Sono 2,4 milioni gli occupati italiani che hanno iniziato a lavorare prima dei 16 anni, condizionando negativamente il proprio percorso formativo e professionale: un dato che rischia di riprendere a crescere nel post-pandemia.

Le economie più avanzate, Italia inclusa, non sono quindi esenti dal problema del lavoro minorile e dal rischio, conseguente, di effetti seri su studi, qualità e redditività del lavoro e futuro delle fasce più giovani della loro popolazione. Sono stati più di 500 i casi di illeciti riguardanti l’occupazione irregolare di bambini e adolescenti, sia italiani che stranieri, accertati tra il 2018 e il 2019 dall’Ispettorato del Lavoro, di cui la maggioranza nei servizi di alloggio e ristorazione; un dato in calo nel 2020 per effetto delle chiusure aziendali legate all’emergenza sanitaria (127 casi).

Ed è proprio l’incognita del post-pandemia – sottolinea la Fondazione Studi – a imporre che si tenga alta l’attenzione sui fenomeni di irregolarità: il deterioramento delle condizioni economiche delle famiglie e l’incremento della casistica di disaffezione e allontanamento dai processi formativi potrebbe riportare in attivo la curva della crescita degli occupati sotto i 16 anni, come già rilevato nell’indagine “Il lavoro minorile in Italia: caratteristiche e impatto sui percorsi formativi e occupazionali” presentata lo scorso giugno.

Secondo le stime riportate nell’indagine, elaborate dai microdati delle Forze di lavoro dell’Istat, sono 2,4 milioni – il 10,7% del totale – gli attuali occupati italiani che hanno fatto esperienza di lavoro minorile, con evidenti ricadute sulle prospettive di vita. Infatti, chi inizia a lavorare prima dei 16 anni, nel 46,5% dei casi consegue al massimo la licenza media; solo l’11,2% del campione arriva alla laurea.

In una catena consequenziale, incidendo sulla formazione, il lavoro minorile abbatte le possibilità di raggiungere i vertici della piramide professionale: solo il 17% arriva a svolgere una professione imprenditoriale, intellettuale o tecnica mentre si riscontra un valore quasi doppio (31,5%) tra quanti, al contrario, iniziano a lavorare più tardi. Tra questi, 7 su 10 sono uomini – più propensi, rispetto alle donne, ad abbandonare gli studi e maggiormente coinvolti nelle esigenze di sostentamento delle famiglie in condizioni economiche disagiate – e il 57,1% vive nelle regioni del Nord dove sono maggiori le opportunità occupazionali nel tessuto produttivo.

Negli anni la quota dei lavoratori infra-sedicenni in Italia è diminuita grazie all’innalzamento dell’obbligo formativo e una maggiore attenzione al tema del lavoro minorile; nella fascia dei 55-64 anni la percentuale di quanti hanno iniziato a lavorare prima dei 16 anni è del 15,3% e crolla al 2,7% tra i 16-24enni. “La riduzione del fenomeno del lavoro minorile tra le fasce di popolazione più giovani non deve distrarci dal rischio che le trasformazioni in corso nel mondo del lavoro e della società, determinate dall’emergenza sanitaria, invertano la rotta – afferma Rosario De Luca, presidente di Fondazione Studi Consulenti del Lavoro –. E’ importante che si tenga alta l’attenzione su nuovi fenomeni di sfruttamento che potrebbero annullare i progressi ottenuti negli anni. E’ necessario un progetto trasversale in cui l’investimento in formazione e politiche attive si accompagni a una costante azione verso legalità ed etica del lavoro”.

Politiche attive, azioni verso la legalità e l’etica del lavoro: sono proprio quelle iniziative che mancano, o sembra che manchino. Lo dimostrano i dati preoccupanti, e in parte inattesi, che indicano come il fenomeno del lavoro minorile sia tutt’altro che scomparso. E’ un altro dei temi da mettere al centro della ripresa post-pandemia.

Angela Bruno

bruno lavoro minorile – MALPENSA24