La confusione favorisce i contagi. E gli scaricabarile

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L’auspicio è che la temuta seconda ondata epidemica sia soltanto una previsione prudenziale. Insomma, che non si torni ad ammalarci di Covid-19 in modo massiccio e con gli effetti devastanti della prima volta. Normale pensarla così. Per evitare nuovi tracolli della salute pubblica e, manco a dirlo, per girare alla larga dall’organizzazione sia della profilassi sia della gestione di una nuova emergenza. Rischiamo di non farcela, nonostante la precedente esperienza e gli insegnamenti che ne abbiamo tratto. Meglio, che avremmo dovuto trarre. Molti esperti avvertono che, per fortuna, il virus è o sarebbe meno virulento. Le terapie intensive e i reparti Covid degli ospedali si svuotano, o quasi. Ma questo non significa che possiamo abbassare la guardia. Il contesto è noto e non serve ricordarlo.

Il problema risiede tra l’altro nei vertici istituzionali e, attenzione, in coloro i quali dovrebbero decidere linee comuni per prevenire l’aumento dei contagi. Purtroppo vince ancora la confusione. Gli esempi? Prendiamo le discoteche, luoghi di inevitabili assembramenti: prima si riaprono, poi si richiudono. Mascherine invece obbligatorie dalle 18 alle 6; durante il giorno il coronavirus si riposa, evidentemente. Prendiamo la scuola: sicuri che a settembre riprenderanno le lezioni? Nel frattempo si acquistano decine di migliaia di banchi fabbricati ad uso e consumo del distanziamento nelle classi, senza però alcuna certezza rispetto a quanto potrebbe accadere già con la prima campanella.

La materia è complessa, comprendiamo. Ma la constatazione che negli aeroporti italiani, sempre per fare degli esempi, si proceda in ordine sparso è confermata persino dall’autorevole infettivologo Massimo Galli, che giudica impietoso il paragone tra Fiumicino e Malpensa: Roma ha subito ottemperato alle disposizioni per i tamponi ai passeggeri in arrivo da Spagna, Grecia, Croazia e Malta; Milano le renderà operative soltanto giovedì 20. Un ritardo ingiustificabile per una città e una regione considerate a ragione le più efficienti del Paese. Ancora più inaccettabile alla luce dell’immancabile scaricabarile: Palazzo Lombardia, attraverso l’assessore al Welfare Giulio Gallera, chiama in causa il ministero della Salute e la Sea, la società che gestisce gli scali milanesi. Le responsabilità dei rinvii sarebbero le loro. Mah. Di fatto, i passeggeri interessati a sottoporsi al tampone (“Entro 48 ore dal loro arrivo”) al momento non sanno a che santo votarsi: telefonate a vuoto alle Ats di riferimento, richieste di informazioni inevase. Tutto nella norma, come sempre.

In questo bailamme organizzativo possiamo stare tranquilli? Risposta scontata: no. Non possiamo oggi, anche per i comportamenti irresponsabili di molti di noi; non possiamo esserlo per il domani, di fronte a scenari che rischiano di peggiorare velocemente. Con conseguenze purtroppo immaginabili. Lo afferma quell’altra schiera di esperti, la più catastrofistica, pronta a sostenere i dikat del governo che, come noto, ha prolungato lo stato d’emergenza di alcuni mesi. Con quale fine? Qualcuno pensa per garantirsi la sopravvivenza e, addirittura, per avere mano libera per rinviare, nel caso, le elezioni regionali di settembre. Esagerazione? Certo che sì, benché in questo Paese e in un simile contesto anche le esagerazioni a volte rivelino scomode verità.

Da giovedì 20 agosto anche a Malpensa i tamponi per chi rientra dall’estero

 

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