Dado Guenzani, lungo e intenso impegno civico

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Uno di quegli uomini, Edoardo (Dado) Guenzani, scomparso mercoledì 12 luglio, all’età di 79 anni, che più di altri lasciano il segno della loro attività amministrativa e professionale a Gallarate. Non soltanto per essere stato sindaco a capo di una coalizione di centrosinistra dal 2011 al 2016, ma per aver partecipato con impegno alla vita pubblica fin dai primi anni Ottanta con iniziative e provvedimenti, soprattutto di natura urbanistica, che, in alcuni casi, hanno infuocato il mondo politico cittadino. Di sicuro, una persona seria, non una qualunque. Anche per la sua preparazione culturale che faceva premio in ogni confronto pubblico. Lo ricordiamo nella giunta di Giuseppe Di Lella, sempre negli anni Ottanta, proponente della famosa e divisiva variante al Piano regolatore per i terreni lungo la 336, strenuo difensore di scelte che, sulla carta, avrebbero dovuto far crescere economicamente Gallarate, ma che per molti rappresentavano soltanto cemento e consumo di suolo. Più tardi, Guenzani disconobbe quel documento, frutto delle mediazioni e delle intese politiche di un’alleanza dove Democrazia cristiana e Partito socialista dominavano, incontrastati “padroni” del Comune.

Proprio nella Dc, Guenzani aveva cominciato la sua carriera politica. All’inizio vicino a Comunione e Liberazione, divenne assessore all’Urbanistica, forte della laurea in ingegneria e di indiscusse competenze amministrative. Erano gli ultimi tempi della cosiddetta “Prima Repubblica”, Gallarate stava crescendo e, diciamolo senza ridicole ipocrisie, viaggiava verso momenti amministrativi poi sfociati in inchieste giudiziarie e clamorosi arresti. A un certo punto, Guenzani preferì restare ai margini di tutto, per sue convinzioni o per motivi a che all’apparenza sfuggono ma che, invece, si possono intuire, per ripresentarsi poi candidato sindaco di una lista civica, Città e Vita, nel 2011. Venne eletto, mettendo all’angolo Forza Italia che, in quel periodo, in città faceva il bello e il cattivo tempo. Da primo cittadino rimane epico lo scontro con Nino Caianiello, leader dei berlusconiani locali, col quale non riuscì mai a stabilire un contatto di collaborazione amministrativa. Non a caso la sua giunta avviò l’ “azione di responsabilità”, cioè una causa legale, per i pesanti debiti accumulati dalla ex municipalizzata Amsc, di cui Caianiello era presidente. Fu un periodo molto animato e teso, con scambi di accuse e sgambetti reciproci, improduttivi e, a dire il vero, spiazzanti.

Che sindaco è stato Guenzani? Azzardare un giudizio non è facile. Per i suoi avversari, i cinque anni di mandato non hanno prodotto risultati memorabili. Commenti opposti, manco a dirlo, se ci si riferisce ai rappresentanti di quella maggioranza. Di sicuro fu un’attività amministrativa improntata all’oculatezza e alla parsimonia, vietati gli sprechi era uno dei dettami che vigevano a Palazzo Borghi. “Lavoriamo come il buon padre di famiglia” spiegò lo stesso Guenzani, mettendo in chiaro che, con lui, Gallarate non avrebbe mai fatto il passo più lungo della gamba. Un modo fin troppo esplicito di prendere le distanze dagli esecutivi che l’avevano preceduto. Tant’è vero che uno dei suoi primi atti amministrativi fu la soppressione del progetto (già finanziato) della giunta Mucci per il recupero di Palazzo Minoletti. Ha avuto ragione?

Di ragioni ne ha avute tante in campo professionale, con collaborazioni di prestigio. Per esempio, per la ricostruzione della Fenice di Venezia, distrutta da un incendio. O, ancora, con l’affiancamento all’archistar Aldo Rossi, per la realizzazione della struttura universitaria della Liuc o, infine, per una serie di edifici residenziali, uno dei quali in via XX Settembre a Gallarate.

Come si accennava, non proprio uno qualunque. E lo ha dimostrato anche con i giornalisti: nonostante le fisiologiche incomprensioni dovute ai distinti ruoli, il dialogo, seppure in termini formali, non si è mai interrotto. Ecco, lasciatecelo dire, un signore. Che oggi esce di scena dopo una vita intensa, piena di traguardi raggiunti, di cose fatte, di visione complessiva per la sua città, che ha amato e che avrebbe voluto migliore di quanto già non fosse. Anche soltanto per questo, gli dobbiamo rispetto e riconoscenza.

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