Effetti collaterali (e postumi) del Festival di Sanremo

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Angelina Mango, vincitrice a Sanremo, tra Fiorello e Amadeus mattatori del Festival

di Gian Franco Bottini

Pronti via e con il Festival di Sanremo è subito iniziata la serie delle oramai consuete polemiche, a partire da una scanzonata “O bella ciao” per finire… speriamo presto.

Nel lontano 1951 il mai dimenticato Nunzio Filogamo apriva il 1^Festival della canzone italiana (oggi “il Festival”) con il suo indimenticato tormentone “Cari amici vicini e lontani…”, trasmesso sulle onde della radio e poco dopo con un triste bianco e nero televisivo. Una produzione fatta al risparmio; un “presentatore”, 3/4 cantanti, un maestro di musica e un regolamento rigidissimo che vietava ai concorrenti persino un sorriso per non influenzare una giuria formato Inquisizione.

Pochi giorni fa Amadeus (Ama per gli amici!) chiudeva da “conduttore/padrone” la 74ma edizione di quello che è diventato una specie di circo Barnum, dove la canzone è certamente una componente importante ma non “la più”. Non certo una critica , anzi l’ invito a mettere idealmente in fila le ipotetiche positive delle 74 annate, per avere sotto gli occhi il percorso fantascientifico che testimonia lo straordinario mutamento avvenuto nella nostra società; nei costumi, nell’etica, nei linguaggi, nelle tecnologie  e in quant’altro. In sintesi: nella nostra vita. Nella sostanza il Festival, da gara di canzoni, è diventato l’annuale  contenitore nazionale di tutto “quanto fa notizia”, con un contorno di iniziative artistiche, economiche, commerciali  e, perché no, politiche. Un marchingegno non sempre facile da governare!

La polemica fa oramai parte dello spettacolo e anche laddove potrebbe essere evitata  è molto evidente che tutto il carrozzone mediatico che gira attorno all’Ariston è invece abilissimo nel crearne le ragioni, perché essa rappresenta il suo nutrimento per qualche settimana. E come tutti i nutrienti il suo gusto può piacere o non piacere. Da qualche hanno è anche invalsa l’abitudine di calare, nel grande minestrone ludico, temi di particolare intensità, sicuramente poco adeguati al contesto e in tal modo imposti all’attenzione di milioni di telespettatori a ben altro predisposti.

Forse sarebbe il caso di capire quanti di questi teleutenti, già tartassati dalle pubblicità di dentiere e pannolini, di fronte  alle seriose esternazioni di variopinti “canterino/comizianti” si ritengono sensibilmente interessati, o  quanti indispettiti e  annoiati, o quanti innervositi  o addirittura urtati.  Se ben ricordate si iniziò più di un decennio fa, con Celentano, a doverci sorbire farneticanti prediche da chi, amatissimo cantante, non si capiva quale valore aggiunto potesse fornire a importanti temi di per se condivisibili e, in certi casi, molto  coinvolgenti. Con l’aggravante che, qualora comprensibili, le arruffate tesi del “molleggiato” potessero trovare una diffusione non per l’apprezzamento dei loro contenuti ma unicamente per la popolarità del proponente.

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Gian Franco Bottini

E’ quanto avvenuto anche quest’anno sul palco dell’Ariston, parlando di guerre e migranti (dico poco!) da parte di un paio di “rockettari/comizianti”, con  accenti semplicistici ed in un contesto da “balera” inevitabilmente destinato a svilire i due tragici problemi.

Ai più sarà sfuggito che a lato del Festival si svolgeva il “FantaSanremo”, un gioco telematico che dava luogo a una classifica (molto ambita dai concorrenti!) che nulla aveva a che fare con le canzoni, ma  assegnava dei punti, da parte dei telespettatori, sulla base dell’apprezzamento per le trovate, gli atteggiamenti, le dichiarazioni, a volte le buffonate, fornite dai concorrenti stessi durante le loro performance. Visti gli ottimi risultati dei nostri due cantanti “comizianti” pensiamo di non essere lontani dal credere che essi fossero ben più motivati dall’ottenere punti per la loro classifica di “FantaSanremo” che non dall’ansia di sensibilizzare la platea su due argomenti ben lontani dall’essere un gioco.

I cantanti sono anche dei cittadini e come tali con tutto il diritto delle loro opinioni ma, anche per la dignità e la credibilità delle stesse, sarebbe bene che ogni cosa avvenisse nel proprio spazio, senza inopportune e sospette commistioni.

Amadeus è stato indubbiamente un bravo Direttore artistico ma forse gli sono sfuggiti gli effetti collaterali che alcune iniziative (FantaSanremo in primis) potevano generare sull’andamento del suo spettacolo, “prendendogli la mano”. Sarà forse una coincidenza ma “FantaSanremo”, dopo 5 edizioni,  dal prossimo anno non si farà più! Nel caso invece che tutto fosse previsto e voluto, allora le “tiratine d’orecchi” andrebbero girate a chi sta sopra di lui che, visti anche gli sviluppi successivi delle polemiche, per la verità ci è parso preso alla sprovvista e annaspante nella sorpresa.

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