ELEZIONI AMERICANE 2020 Alla ricerca di un Giudice della Corte Suprema: è sfida

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A 50 giorni dal voto più importante degli ultimi anni, la sfida Biden – Trump si arricchisce di un nuovo capitolo. Nella giornata di ieri si è spenta il Giudice Ginsburg, la seconda donna a far parte della Corte Suprema degli Stati Uniti d’Amarica. Paladina e icona liberal degli ultimi 20 anni, il Giudice Ginsburg fu nominata nel lontano 1993 dal Presidente Cliton, la quale la scelse per il suo prezioso e costante impegno per la discriminazione di genere. La sua morte, provocata da un grave tumore al pancreas, apre una vera e propria battaglia sulla sua successione, infatti la nomina di un Giudice della Corte Suprema, che ricordiamo è una carica che dura a vita, viene proposta dal Presidente degli Stati Uniti e confermata a maggioranza dal Senato.
La Ginsburg fu proposta, come detto da Bill Clinton, e ottenne 96 voti favorevoli al Senato e solo 3 contrari.
Oggi invece la partita è ben più complessa sostanzialmente per tre fattori scopriamo quali.

Mancano 50 giorni al voto

In primo luogo è un anno elettorale, già nel 2016 i Repubblicani, che avevano la maggioranza al Congresso, si misero di traverso sulla nomina di Garland (giudice proposto da Barack Obama). Il leader del Gop al Senato, Mitch McConnell criticò aspramente Barack Obama per quella che riteneva una forzatura. Oggi a 50 giorni dal voto, i ruoli si sono invertiti, i democratici ora chiedono a Trump di aspettare a nominare il nuovo Giudice della Corte Suprema, ma i repubblicani, con Trump e McConnell in testa, sembrano di tutt’altro avviso. Si vocifera che la stessa Ginsburg avesse confessato alla propria nipote, sul letto di morte, la speranza che la sua sostituzione avvenisse dopo che gli americani avessero votato.

La tenuta della maggioranza repubblicana al Senato

Il secondo fattore decisivo riguarda invece la tenuta repubblicana al Senato. Non è un segreto che l’idea di Trump di nominare un nuovo Giudice della Corte Suprema a 50 giorni del voto, metta in difficoltà quei senatori repubblicani che stanno lottando per riottenere il seggio il prossimo mese di novembre. Infatti, in pochi ricordano che oltre al voto Presidenziale, il 2 novembre si voterà anche per il rinnovo di un terzo del Congresso. A caldo, alcuni senatori del Gop, oggi in difficoltà nei sondaggi hanno reagito tiepidamente all’ipotesi di votare la nomina del sostituto della Ginsburg. Prima fra tutte la senatrice del Maine, Collins; ma perplessità potrebbero anche arrivare dal ribelle Mitt Romney, perciò sull’eventuale voto per la conferma della nomina del Giudice della Corte Suprema, la tenuta potrebbe quindi essere a rischio, salvo l’intervento di Mike Pence, vice presidente e membro di diritto del Senato.
Certamente il voto potrebbe essere una vera e propria resa dei conti nel Gop: o con Trump o contro di lui, un dentro e fuori che potrebbe lasciare lacerazioni profonde.

Chi sostituirà il Giudice Ginsburg?

E’ partito il toto nomina, il nome che succederà alla liberal Ginsburg farà la differenza non solo nei prossimi giorni ma potenzialmente nei prossimi decenni.
La Corte Suprema è composta da nove giudici nominati a vita. L’attuale composizione, con le due nomine fatta durante la presidenza Trump, vede la Corte schierata 5 a 4 per i conservatori, ma con il Giudice Capo John G. Roberts Jr. che ultimamente ha sposato tesi liberal la partita è decisamente in equilibrio.
Il rischio di una Corte Suprema composta solo da 8 giudici, divisi equamente 4 a 4 rischia davvero di aprire scenari incredibili, soprattutto per il fatto che si vota tra poco più di un mese e la Corte, se venisse investita di questioni elettorali potrebbe rischiare lo stallo.
Il presidente Trump, giusto una decina di giorni fa, incalzando Joe Biden, annunciava di avere una lista di 20 nomi papabili per un eventuale nomina proprio alla Corte Suprema, una nomina che sposterebbe nettamente gli equilibri in favore dei conservatori; allora chi sono questi venti nominativi sulla scrivania del Tycoon? Il primo nome fatto è quello di Ted Cruz, senatore repubblicano del Texas, ultra conservatore e candidato nel 2016 nelle primarie repubblicane contro Donald Trump, «Otterrebbe 50 voti repubblicani e 50 democratici», ha commentato ironico Trump, facendo intendere che i democratici se ne liberebbero volentieri di Ted Cruz al Senato. Nella lista anche il senatore per l’Iowa, Charles E. Grassley, ex presidente della commissione giudiziaria del Senato, oppure in corsa anche l’afroamericano Daniel Cameron procuratore del Kentucky, ma nella lista di Trump ci sarebbero anche sei donne.
Tutti nomi che sposterebbero sempre più verso l’ala conservatrice i prossimi dieci-quindi anni di politica americana.

I sondaggi

A cinquanta giorni dal voto, la partita è certamente aperta. Joe Biden, senza eccellere nella campagna elettorale, mantenendo un profilo piuttosto statico, è in vantaggio sostanzialmente in tutti gli Stati chiave. Bene in Michigan e Pennsylvania, avanti con un discreto margine in Wisconsin, arrivano anche sensazioni positive da Florida e Arizona. Ma i numeri non devono ingannare. Infatti il Presidente Trump ha intensificato tantissimo la sua campagna ampliando negli ultimi 15 giorni la platea degli Swing State. Preoccupazioni nel campo democratico giungono per quanto sta accadendo in Nevada e Minnesota, due stati vinti dalla Clinton nel 2016, qui Trump e i repubblicani sono attivissimi, stesso discorso per il New Hampshire, dove Trump riesce a mobilitare tantissimi sostenitori, inoltre Trump sembra avere ritrovato il feeling con la base operaia dell’Ohio già decisiva nel 2016. Joe Biden è avvisato. Il risiko delle elezioni americane è entrato nel vivo.

Giacomo Iametti

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